Storie Fashion, drama e potere: il killer cocktail di House of Gucci Testo di Gaia Lamperti Aggiungi ai preferiti Courtesy Metro Goldwin Mayer Con costumi iconici e una colonna sonora eccentrica, House of Gucci di Ridley Scott, ci riporta agli anni cult per l’industria della moda, ripercorrendo la storia vera del delitto che spaccò la dinastia dei Gucci e indignò la Milano bene Famiglia e affari raramente sono un binomio vincente. E non c’è scena in House of Gucci, il docudrama su come la famiglia Gucci abbia perso il controllo del marchio che ancora oggi porta il suo nome, che non ce lo preannunci. Questo scetticismo che impregna tutta la pellicola lo percepiamo già dalla prima scena, in cui una fin troppo sicura di sé Patrizia Reggiani attraversa a falcate il parcheggio dell’attività del padre compiaciuta delle attenzioni che riceve dagli altri dipendenti. La stessa Patrizia che, interpretata da una Lady Gaga stellare che ruba la scena a tutto il resto del cast, poco dopo, imbucata a un party trendy dell’élite milanese, si troverà a conversare fra lo stupefatta e l’ammaliata con Maurizio Gucci, lo studioso nipote del magnate milanese della moda. Quest’ultimo, interpretato dal sexy nerd per eccellenza di Hollywood, Adam Driver, sembra altrettanto colto alla sorpresa dall’energia e determinazione di Patrizia che, tra pedinamenti in università e fughe in motorino, finirà per farlo innamorare. Diretto da Ridley Scott, riadattando il testo di Sara Gay Forden e concedendosi qualche licenza grazie al furbo disclaimer “ispirato a una storia vera”, House of Gucci è stato definito dalla critica una versione fashionista de Il Padrino. E in effetti quale miglior biglietto da visita di glamour, potere e tragedie familiari? Courtesy Metro Goldwin Mayer Con quel tocco di italianità che tanto piace all’estero ma a tratti diventa parodia (vedi gli accenti italiani storpiati nella versione originale), il film ripercorre la storia vera del delitto che spaccò la dinastia dei Gucci e indignò la Milano bene: l’assassinio di Maurizio Gucci per mano di un sicario ingaggiato dalla ex moglie Patrizia Reggiani. E difatti Adam-Maurizio, finirà per cedere ai sentimenti e sposare Gaga-Patrizia, senza essere cosciente (o forse solo incurante) delle sue ambizioni da scalatrice sociale, velate però - va detto - da una dolcezza sincera. Lei, d’altro canto, sembra aver subito messo in chiaro che, con Maurizio, ha sposato anche la House of Gucci. Sono anni difficili per il marchio; mentre tutti gli altri brand sembrano prendere il volo sull’onda degli audaci anni 80, Gucci è ancora imprigionato in un passato che non entusiasma più nessuno se non i membri stessi della famiglia, e forse proprio a causa loro. La pellicola, infatti, ci porta attraverso un crescendo di colpi a tradimento e pugnalate alle spalle tra i familiari, fra cui compaiono un irriconoscibile Jared Leto nel ruolo di Paolo Gucci e un infiammato Al Pacino nei panni di Aldo Gucci, fino all’incrinarsi del matrimonio di Maurizio e Patrizia che, di fatto, sancirà il crollo definitivo dell’impero familiare. Courtesy Metro Goldwin Mayer Ma ciò che davvero fa di questo lungometraggio un gioiellino sono sicuramente i capi iconici e gli spaccati di vita sontuosa. La stilista della produzione, Janty Yates, in un’intervista al New York Times ha dichiarato di aver creato 500 diversi costumi per il set. “Lady Gaga ha avuto 54 giorni di riprese con 54 look diversi. E non abbiamo ripetuto un singolo oggetto, nemmeno un orecchino”, ha spiegato. Nel film su una delle famiglie più stilose dell’industria della moda, è chiaro che i capi abbiano assunto un significato narrativo. La stilista Yates ha spiegato che, nel caso di Patrizia, gli abiti illustrano l’evoluzione del personaggio, riflettendo la sua nuova vita opulenta e ostentata dopo essere entrata nella famiglia Gucci. Passando da scorci di cafe milanesi e aperitivi sul lago di Como, agli show rooms e jazz clubs di New York, House of Gucci ci riporta al sapore degli anni cult per l’industria della moda, con una colonna sonora curata da Harry Gregson-Williams che non è da meno e accosta Pino Donaggio a David Bowie, Bruno Laurie a Black Machine. Tutto, inevitabilmente, si chiuderà con il processo di più alto profilo del decennio. “Gucci needs new blood”, ammiccava Patrizia Gucci a metà del film, quasi a preannunciare che, in effetti, nulla rinasce se non dal sangue. Courtesy Metro Goldwin Mayer Courtesy Metro Goldwin Mayer Courtesy Metro Goldwin Mayer