Storie Anna Heringer: “Siamo tutti una fonte di energia, usiamola!” Testo di Marianna Guernieri Aggiungi ai preferiti Anna Heringer, Anandaloy Center for People with Disabilities and Dipdij Textiles Studio, Rudrapur, Bangladesh, 2020. Photo Kurt Hoerbst Essere davvero sostenibili oggi sembra la strada più tortuosa da seguire nel processo industriale, ma le regole del gioco possono essere cambiate, se riusciamo a immaginarne di nuove. Una conversazione con l’architetta Anna Heringer, vincitrice del premio Aga Khan per l’architettura sostenibile Incontrata durante una lectio magistralis sulla sostenibilità alla Triennale di Milano, in occasione del lancio della prossima Milano Arch Week con il tema “Waiting for peripheries”, Anna Heringer è un’architetta che lotta per un mondo migliore. Premiata per i suoi edifici di terra in Bangladesh, Ghana, Marocco e Zimbawe, vive e lavora a Laufen, in Germania. Crede che la sostenibilità si possa fare utilizzando i materiali più comuni che abbiamo a disposizione, come la terra e il fieno, insieme alla forza lavoro della comunità, e partecipa attivamente ai dibattiti internazionali per una legislazione più giusta sui materiali e i processi di progettazione alternativi. Anna Heringer, photo Stefano Mori Perché oggi dovremmo usare la terra come materiale di design? Siamo tutti alla disperata ricerca di un nuovo cemento “verde” o di materiali sostenibili, ma non guardiamo mai sotto i nostri piedi! La terra è un materiale disponibile ovunque, in qualsiasi cultura, in qualsiasi clima. Abbiamo una tradizione nel costruire con questo materiale, anche se lo abbiamo dimenticato. È un materiale che non richiede CO2, è dato dalla natura gratuitamente, ma noi lo scartiamo ogni volta che scaviamo nel sottosuolo per costruire un parcheggio, una fondazione o una nuova metropolitana... La cosa interessante di questo materiale è che lo si può usare così com’è, non c’è bisogno di aggiungere nulla per renderlo stabile, lo si può riciclare senza alcuna perdita di qualità, e può tornare alla natura senza lasciare cicatrici. È il campione dei materiali sostenibili, è sano e bello. La burocrazia rende difficile lavorare con materiali sostenibili? Molte leggi e regolamentazioni sono fortemente influenzate e informate dalle industrie e spesso sono frutto della paura. Paura delle responsabilità, paura del degrado e così via. Dovremmo esaminare tutti i regolamenti edilizi e decidere se sono davvero un bene per le persone e per il pianeta. Cosa succede quando si crea qualcosa di estremamente sicuro per le persone ma che allo stesso tempo distrugge l’ambiente? Dobbiamo guardare a una prospettiva più ampia e assumerci dei rischi e delle responsabilità se vogliamo innovare. Quando guardo ai luoghi virtuosi dell’architettura sostenibile, come l’Austria occidentale, il cliente, gli artigiani e l’architetto si assumono insieme la responsabilità per realizzare le cose. È importante allargare i limiti per ampliare gli orizzonti e fare così vera innovazione. Anna Heringer, Bamboo Hostels, Baoxi, China, 2013. Photo Jenny JI Che tipo di mentalità dovrebbe cambiare nel settore della progettazione quando si parla di sostenibilità? Il problema del costruire con materiali naturali è che richiede una grande quantità di lavoro artigianale, che è una fonte di energia molto tassata nel nostro contesto. Pensiamo sempre all’energia sotto forma di gas o di petrolio, ma ci dimentichiamo che tutti noi siamo una fonte di energia. Inoltre, abbiamo bisogno di prezzi veritieri sui materiali, perché se oggi vogliamo essere davvero sostenibili ci tocca pagare di più, e questo non è giusto, non ha senso. La terra come materiale dovrebbe essere disponibile per tutti, ma oggi è più costoso che costruire con il cemento, ad esempio. Questo è dovuto a un sistema economico che va modificato, includendo nel prezzo dei materiali il loro ciclo completo, compreso il fine vita. Oggi si può costruire a basso costo, ma il vero prezzo è fatto ricadere sulle spalle delle generazioni future che dovranno fare i conti con tutti questi materiali di scarto. Forse dovremmo cambiare la nostra mentalità in una frugalità più felice: quanto ci serve davvero per stare bene? Dovremmo preferire la qualità alla quantità, a costo di perdere metri quadrati. Dovremmo produrre ciò che ci serve davvero con una progettazione raffinata. Pensi che il design possa un giorno essere davvero all’avanguardia nelle pratiche sostenibili? Certamente. Pensiamo sempre che i sistemi non possano cambiare, ma ogni movimento è iniziato con una manciata di persone che l’hanno voluto. Il limite è solo la nostra immaginazione, poi la sensazione di fare la “cosa giusta” aggiunge tanta felicità al processo. Seguire il cuore e non la mente è qualcosa che ho imparato in questi anni di lavoro come architetta. È qualcosa che dobbiamo imparare di nuovo, la fiducia nella vita e il seguire il nostro cuore. So che sembra banale, ma credo che sia la base di tutto. Che rapporto ha il tuo lavoro con il tema della Milano Arch Week, Waiting for peripheries? Ho sempre vissuto e lavorato nelle periferie, lontano dai riflettori. Vengo da una piccolissima città della Baviera, che è letteralmente la fine della Germania. Ho lavorato in un villaggio remoto del Bangladesh. Si pensa che sia la fine del mondo, ma poi si scopre un intero universo. Sono luoghi in cui si conoscono le persone, si forma una rete che permette di lavorare e creare insieme. Sono luoghi in cui si instaurano relazioni vere. Anna Heringer at Triennale Milano (Milano Arch Week 2022/23) Anna Heringer, Anandaloy Center for People with Disabilities and Dipdij Textiles Studio, Rudrapur, Bangladesh, 2020. Photo Kurt Hoerbst Anna Heringer, Anandaloy Center for People with Disabilities and Dipdij Textiles Studio, Rudrapur, Bangladesh, 2020. Photo Kurt Hoerbst Anna Heringer, DESI Training Center, Rudrapur, Bangladesh, 2008. Photo Naquib Hossain 18 gennaio 2023 Tags Interviste Architettura Sostenibilità Share