Atelier Gardens: gli studi cinematografici di Berlino si trasformano in campus per l’attivismo sociale
Gli studi cinematografici berlinesi BUFA accolgono nel loro campus da poco riqualificato una comunità di change maker, portatori del cambiamento, provenienti da tutta Europa. Gli ideatori e gli architetti che si sono occupati del progetto Atelier Gardens ci parlano della portata, della missione e dell’impatto di questo progetto
Costruito oltre un secolo fa su una superficie di 23.800 mq, il Berliner Union Film Ateliers (BUFA), uno dei complessi di studi cinematografici più antichi d’Europa, si trova nella parte meridionale di Berlino e ancora oggi continua a mantenere vivo il ricordo del vastissimo patrimonio storico della città in ambito televisivo e cinematografico.
Recentemente, il campus ha vissuto una profonda trasformazione in senso sostenibile, che dà vita a una nuova identità e a una molteplicità di usi innovativi degli spazi. Questa nuova realtà porta il nome di Atelier Gardens e diventa il campo base i cui si incontrano registi, organizzazioni, singoli individui e piccole imprese all’avanguardia della creatività che cercano di affermare il cambiamento nella loro nuova sede.
“È il luogo dei change maker globali che si impegnano nella tutela dei diritti umani, nell’ambito della produzione alimentare, nei media e in qualsiasi attività che si proponga di realizzare un mondo migliore” ha detto a Salone del Mobile Milano Clive Nichol, CEO di Fabrix, promotore del progetto.
Una nuova vita
Questo sito, che si trova a Berlino e che sente fortemente l’influsso del patrimonio storico locale, si propone di diventare un punto di riferimento per gruppi di attivisti provenienti da tutta Europa, con un occhio di riguardo per le tematiche legate all’ambiente e alla giustizia sociale.
“Abbiamo guardato ai movimenti globali dei change maker e abbiamo capito che piuttosto che concentrarsi esclusivamente sui diritti umani o sull’ambiente, o ancora sulla scienza o sulla tecnologia, tutte queste tematiche sono così strettamente interconnesse che sarebbe stato più logico offrire uno spazio condiviso e aperto alla partecipazione di tutti, che desse modo di condividere punti di vista, ospitare eventi e radunare persone” aggiunge Nichol.
Gli iconici studi BUFA devono la loro fama alla produzione di classici del XX secolo e di pellicole vincitrici di Oscar. “Gli studios hanno alle spalle una lunga tradizione di storytelling, e abbiamo ritenuto che fossero il luogo ideale per avviare un progetto come questo” spiega Nichol. Il campus vanta una diversità spaziale unica nel suo genere, con ampie piazze aperte pensate per ospitare riprese cinematografiche. Tuttavia, a causa dell’aspetto logistico proprio dell’industria del cinema, nel corso degli anni il complesso si è arricchito di nuovi edifici ma senza un vero e proprio masterplan alla base della loro costruzione.
Atelier Gardens invece ora ha un suo masterplan, pensato in collaborazione con lo studio di architettura olandese MVRDV. Il campus è concepito come uno spazio di lavoro flessibile nel quale gli studios diventano spazi di aggregazione, ospitano eventi e sedi di organizzazioni impegnate in attività che rappresentano il futuro del sito, come per esempio l’agricoltura urbana e l’apicoltura.
Jacob Van Rijs, socio fondatore dello studio MVRDV, spiega: “Desideravamo raggiungere un certo equilibrio tra spazi aperti ed edifici. Questi studios hanno dimensioni monumentali e splendide facciate in mattoni, un patrimonio che volevamo preservare, senza rinunciare a donargli nel contempo un nuovo respiro”.
Gli edifici sono stati per la maggior parte riconvertiti e adattati a un uso pubblico, creando così un microcosmo all’interno di una società che condivide un approccio comune orientato a una vita in armonia con la natura.
Il nuovo nome parla da solo: alla luce della sua storia, il sito continua a essere “studio” (Atelier), ossia luogo che promuove la creatività, le idee e l’azione, ed esplora una ritrovata connessione con la natura (Gardens).
Secondo Nichol, la parola “gardens”, giardini, ha avuto accezioni diverse, da spazio naturale in cui riposare, a terreno dedicato alle colture alimentari, ad area utilizzata per organizzare laboratori. Perciò la nuova identità del campus è quella di uno spazio multiuso in cui “una moltitudine di persone diverse tra loro possono fare un’infinità di cose diverse, accomunate dalle stesse intenzioni e dagli stessi risultati”.
Massimo impatto, minimo spreco
Il processo di costruzione ha incluso una forte componente di sostenibilità, con l’obiettivo di riconvertire gli edifici del sito, riutilizzando i materiali dove fosse possibile e sensato, riciclando e riusando vecchi strumenti elettrici e recuperando e donando arredi riutilizzabili altrove.
Il team di MVRDV ha inoltre progettato un nuovo sistema per la raccolta e il riutilizzo dell’acqua piovana, che convoglia l’acqua raccolta dalle grondaie dei tetti del campus direttamente in un nuovo sistema di scarico delle toilette. L’acqua riciclata viene anche conservata in cisterne e impiegata per l’irrigazione di tutto il sito, mentre un sistema estremamente efficiente di raccolta differenziata e fermentazione dei rifiuti solidi assicura la produzione di compost, che viene impiegato in tutto il complesso.
È stata inoltre messa in atto una strategia di lungo periodo per la riduzione del consumo energetico del sito, che prevede l’installazione di una grande quantità di pannelli fotovoltaici dai quali ricavare energia elettrica.
Il direttore di MVRDV Jacob Van Rijs dichiara: “Il nostro impegno si declina sul lungo periodo. Abbiamo già in programma una serie di progetti che porteranno avanti la trasformazione degli studios, e intendiamo rendere questi spazi il più possibile flessibile, affinché riescano ad adattarsi a eventi imprevisti senza soluzione di continuità”.
Durante la fase di riqualificazione, l’intera area è stata sottoposta a rewilding, ossia recupero degli ecosistemi, nell’arco di un periodo di 5/10 anni di coltivazione e sperimentazione. Gli scarti saranno riutilizzati come strato colturale, pacciame e per formare habitat per gli insetti.
Le ampie superfici pavimentate in cemento armato sono state parzialmente rimosse e gli spazi lasciati liberi sono stati piantumati per dare l’impressione che la natura si stia riprendendo il proprio spazio. “Uno dei progetti prevede la trasformazione di un edificio adibito a uffici in un giardino pensile con una maestosa scalinata esterna” aggiunge Rijs. “Diventerà un’attrazione e sarà il luogo perfetto da cui ammirare lo skyline della città”.
Un campo base per i change maker del futuro
Il campus nel giro di pochissimo tempo ha accolto alcuni tra i gruppi e le organizzazioni più attivi d’Europa nel campo di questioni di rilevanza globale come i cambiamenti climatici e la povertà alimentare. Tra i nomi più importanti segnaliamo, senza pretesa di esaustività, i gruppi ambientalisti Extinction Rebellion e Fridays for Future, la piattaforma di apprendimento per i leader della creatività KAOSPILOT+ e la rete di microagricoltura Tiny Farms.
“All’inizio è stata una coincidenza a portarci qui, ma abbiamo deciso subito di rimanere qui stabilmente” spiega il co-fondatore di Tiny Farms Tobias Leiber, “semplicemente perché qui siamo in compagnia di moltissime altre startup del campo ambientale e alimentare”.
La società è stata fondata nella primavera del 2020 e auspica di riuscire ad affermarsi grazie alla sua sede strategica negli Atelier Gardens. “Lo scorso inverno abbiamo provato a far germinare alcune piante qui, e vorremmo provare ad ampliare questo progetto. In altre parole, vogliamo dedicarci ad attività che siano in piena armonia col concept di questo luogo”.
Tiny Farms si inserisce davvero alla perfezione nella più ampia comunità che ha fatto di Atelier Gardens la propria casa, ed è proprio questo, come confermano gli ideatori del progetto, a portare alla vita il campus. È un tipo di spazio fisico e spirituale di cui ogni città del mondo avrebbe bisogno per permettere ai propri attivisti di affinare le proprie competenze in loco e per sostenerne concretamente l’impegno.
“Mentre aiutiamo gruppi, organizzazioni e privati cittadini a promuovere le loro nobili cause, vogliamo anche che gli studios diventino un luogo in cui celebrare e godere della bellezza di fare del bene nel mondo” conclude Nichol.