Storie Carlo Stanga: il ritrattista di città Testo di Patrizia Malfatti Aggiungi ai preferiti Carlo Stanga, Anastasia Un maestro del disegno che ama rompere gli schemi e mettersi in viaggio, alla ricerca dell’anima delle architetture. E il suo lavoro? “Un concentrato di cose per cui vale la pena di vivere”. Indiscutibilmente, un appassionato di disegno. Fin da bambino, quando a diciotto mesi la madre, preoccupata, lo porta dal logopedista perché si esprimeva esclusivamente attraverso matite e pastelli colorati. Dopo una laurea in Architettura presso il Politecnico di Milano, frequenta studi di arte e design e, negli anni, collabora con Bruno Munari e Alessandro Mendini. Apre il suo studio come architetto, ma il prevalente interesse per il disegno, insieme alla forte attrazione per viaggi e scrittura, lo porta a convogliare tutti questi ingredienti in una sola professione. Quella di illustratore. Consacrato definitivamente dal quotidiano la Repubblica nel 2009 nelle pagine della cultura, cronaca, cucina e in una serie di illustrazioni estive che completavano i racconti di viaggio di Paolo Rumiz, da allora il suo talento è stato apprezzato urbi et orbi. La maggior parte dei suoi lavori è realizzata per articoli giornalistici, agenzie pubblicitarie e studi di design. Così troviamo la sua firma – un bellissimo interno della Fondazione Achille Castiglioni – su The Milaneser, la rivista che non esiste, fatta solo di copertine iconiche, citazioni di quelle del celebre magazine americano; o nella campagna simbolo della stagione 2020-21 del Piccolo Teatro di Milano o, ancora, nella recente serie di video Popping Up Milan per il MEET - Digital Culture Center. Il suo stile rompe gli schemi, ma sempre con un’armonia intrinseca di base. Nel suo curriculum anche video tutor su come imparare a disegnare, dalla prospettiva alle architetture, per arrivare al proprio punto di vista personale. Il suo crescente amore per i viaggi ha dato avvio, nel 2015, alla collana di libri I am the city per Moleskine, dedicati alle principali città del mondo. Le città per Stanga sono come persone, con una personalità e un’anima particolari e con i propri segreti. E così scrive e illustra I am Milan, dedicato alla sua città, anche se ora vive e lavora a Berlino, seguito da I am London e I am New York. Atmosfere evocative, dalle guglie del Duomo milanese al mercato di Portobello ai ponti della Grande Mela, con tanto di didascalie. Architettura e disegno si mescolano disinvoltamente anche nel libro per ragazzi Zaha Hadid, pubblicato nel 2020 da Raum Italic-Berlin e il MAXX di Roma. Numerosi i riconoscimenti sia in Italia che negli USA, dove le sue opere sono state selezionate dall'American Illustration Annual e premiate con la medaglia d'oro della rivista Creative Quarterly e vari Awards of Excellence di Communication Arts. Carlo Stanga Lei ha tante passioni - il disegno, l'architettura, le città, i viaggi, la scrittura - dalle quali è nato il suo lavoro. Potremmo definirlo un lavoro ideale. Quello che tutti vorrebbero avere. Ce lo racconta? Arrivare a plasmare un’attività in cui non solo affluiscano le mie passioni, ma che sia strutturalmente costituita da tutto ciò che amo, è stato un processo naturale di cui sono stato consapevole solo gradualmente. All’inizio, con i primi incarichi, è arrivata l’immersione nel lavoro, con tutto il coinvolgimento emotivo dell’ispirazione, insieme alla pianificazione razionale diretta al rispetto delle varie date di consegna, dalle prime bozze fino al lavoro finito. In seguito, ripensando con calma ai lavori fatti e al processo realizzativo in tutte le sue sfaccettature, ho visto un paesaggio in cui alla parte illustrativa e creativa partecipavano, in modo irrinunciabile, una serie di interessi, attività e, direi quasi, riti, che rendevano il mio lavoro un concentrato di cose per cui valeva la pena di vivere. Fare un libro su una città è l’esempio migliore in cui si verifica il coinvolgimento corale di passioni che lo avvicina a quello che si può chiamare “un lavoro ideale”. È in questa avventura, che accanto alla lettura di testi di viaggio, narrativa e saggistica su una città, si affianca l’irrinunciabile viaggio in quella destinazione, se ne respira l’aria, si parla con i suoi abitanti, se ne percorrono gli itinerari noti e quelli nascosti, se ne scrive cercando di coglierne l’identità e persino l’anima profonda e poi… e poi… con tutte queste informazioni e immagini nella testa, si trasmette alla mano la scossa per partire. In poche parole, sì, tante cose belle e in movimento creativo che coincidono con il mio modo di vedere la vita. Ci sono poi aspetti di contorno che rendono l’illustrazione un’attività ancora più piacevole, come per esempio il fatto di poterla realizzare da qualunque luogo, da una grande città europea o americana o da un’isola greca, inviando tutto via internet da remoto. Ora, ad esempio, vivo tra Berlino e Gerusalemme, senza subire problemi sul lavoro, si disegna tra analogico e digitale, e si invia in pochi minuti a clienti che vivono in diverse città del mondo. Mi piacerebbe definirla un miniaturista espressionista, se accetta questa definizione. Penso, ad esempio, ai suoi disegni di Place des Vosges e Barcelona Puzzle. Come riesce a conciliare questo tratto razionale con quello più istintivo? Ahah, mi piace la sua definizione! In particolare, considero i miniaturisti che descrivevano con meravigliose opere i manoscritti medievali, come i primi veri illustratori, cioè coloro che rappresentavano in minuscole scene il contenuto del testo che affiancavano. L’illustrazione è infatti un’arte applicata che si inserisce in un contesto preciso, un libro, un quotidiano, una rivista ecc., trasponendo il significato dello scritto in un’immagine. Illustrare in effetti significa, dal latino, illuminare, rendere chiaro e più leggibile, appunto, un testo. La parte che lei chiama espressionista, si concilia bene con la città in cui vivo da 10 anni, Berlino, che è proprio la patria dell’espressionismo. È comunque uno stile che nasce dall’osservazione delle città come fenomeno complesso, tra energia, movimento, sovrapposizione di elementi e densità. Carlo Stanga, Battersea “Disegnare è il cammino verso la conoscenza”, ha dichiarato. Quindi, poiché ha disegnato tanto, allora è molto saggio. È così? Che cosa le ha insegnato il disegnare? E il colore ha valore metaforico o è solo decorativo, funzionale ed espressivo? Eh, ma qui scomodiamo la filosofia! “So di non sapere”. Il disegnare mi ha insegnato a osservare la realtà, scoprendo così che il mondo non è profondamente conoscibile, ma che si tratta di seguire un percorso, una linea a inchiostro o a matita, che indaga il tutto senza mai arrivare alla fine. Trovo il senso di tutto questo nello stupore di trovare un’armonia inaspettata tra forme o colori che convivono in modo sorprendente tra loro e nella capacità di condividere con gli altri la conoscenza, che poi è un’interpretazione, di quello che illustro. Nel momento in cui disegno qualcosa su un foglio, immediatamente ho l’opportunità di condividere con tutti quello che ho in testa, al di là di mille parole. Anche qui sta il senso di quello che faccio. Ha collaborato con grandi maestri del design come Munari e Mendini? Cos’ha fatto con loro e come se li ricorda? Ho collaborato con Bruno Munari nell’ambito dei suoi laboratori creativi che coinvolgevano bambini tra i 6 e gli 8 anni. Il modo con cui Munari si metteva in relazione con i piccoli, portandoli in modo naturale a considerare la realtà con occhi nuovi, scoprendo e potenziando così le loro potenzialità creative, ha profondamente influenzato il mio atteggiamento nell’osservazione del mondo e nella sua traduzione sulla carta. Il metodo munariano ha così cambiato anche me, rendendomi più fluido e facilitando il rapporto con il mio spirito creativo e il risultato del mio lavoro. Una lezione che non dimenticherò mai. Diversa, ma altrettanto ricca di suggestioni, è stata la collaborazione con Alessandro Mendini, da cui sono stato invitato a realizzare grandi pannelli di immagini per alcuni negozi Swatch. Ancora una volta, la libertà creativa e l’esplosione del colore mi hanno accompagnato alla scoperta di un lavoro ideale. Carlo Stanga, Manhattan Tra i suoi clienti ci sono aziende espositrici al Salone del Mobile. Milano, come Poliform e Zanotta. Su che cosa avete lavorato insieme e che cosa le piacerebbe ancora fare per questo settore? Le collaborazioni con Poliform e Zanotta hanno coinciso con esperienze di advertising o di celebrazione del marchio in occasione di particolari anniversari o momenti importanti per queste aziende fondamentali nella storia del design italiano. Sono state occasioni in cui sono stato libero di interpretare le loro identità molto solide e riconoscibili, ma allo stesso tempo dinamiche e continuamente in evoluzione. L’illustrazione significa illuminazione, come dicevo, così mi sono divertito a mettere sotto i riflettori le atmosfere e gli aspetti che più mi suggerivano l’unicità dei due brand, così come mi è successo anche nel mondo del fashion design con Missoni ed Ermenegildo Zegna. 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