Da Arne Jacobsen a Elmgreen e Dragset: i Danish Diaries di Marco Sammicheli

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SMK – National Gallery of Denmark – extension, Copenhagen, 1998. C.F. Møllers Architects with Partner and Design Leader Anna Maria Indrio

Il viaggio autobiografico raccontato in un nuovo libro dal direttore del Museo Design Italiano di Triennale Milano incrocia lo sguardo di artisti, architetti, scrittori che, tra i due paesi, hanno vissuto creatività e scommesse

“Se non potevo comprendere appieno parenti e amici, avrei di certo potuto recuperare studiando gli artisti, gli architetti, gli scrittori, gli intellettuali e i professionisti che da quasi un secolo hanno fatto la spola tra l’Italia e la Danimarca”. Così esordisce nell’introduzione dell’affascinante Danish Diaries – appena pubblicato da Humboldt Books – il suo autore, confessando non solo la parziale comprensione della lingua danese ma spingendosi ben oltre nell’affermare “ancora oggi il mio danese parlato è nullo”. Ha fatto proprio di necessità virtù Marco Sammicheli – direttore del Museo Design Italiano di Triennale Milano, istituzione di cui è anche curatore per il settore design, moda, artigianato. Per superare le frustrazioni linguistiche si è abbandonato alla sua fervida immaginazione oltre che percorrere i sentieri della ricerca e dello studio, andando ad abbracciare con un fil rouge tutte quelle persone che come lui, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si dividevano fra Italia e Danimarca.  “Una migrazione regolare e ben distribuita che non si concentra soltanto nei grandi centri urbani o nelle province, anzi: le opportunità e l’unicità di alcune condizioni hanno disseminato la comunità danese per l’Italia”. E viceversa, per gli italiani in terra danese.

Sono pagine istruttive, la narrazione del dietro le quinte di vite importanti e significative. Si parte da Thorvaldsen – il grande rivale di Canova, che dalla nativa Copenaghen giunge a Roma nel 1797 per rimanervi più di quarant’anni e dove “ogni 8 marzo, organizzava una festa per celebrare il suo ‘compleanno romano’” – e si finisce con Eugenio Barba, regista teatrale di Gallipoli, fondatore dello storico Odin Teatret, che dopo l’esordio norvegese si trasferì con la compagnia teatrale in Danimarca. E poi, tante curiosità, forse note solo agli addetti ai lavori: da quella della prima casa editrice in Italia a celebrare Arne Jacobsen, l’Edizioni di Comunità di Adriano Olivetti, al primato degli architetti, che tra il 1875 e il 1925 sono i viaggiatori danesi più assidui nello scegliere l’Italia come meta, o alla storia di Vico Magistretti legata

a doppio filo con la Danimarca. Ma qual è, alla fine, la chiave di lettura delle relazioni culturali tra Italia e Danimarca? “Un immaginario comune”, spiega Sammicheli, “fatto di elementi così distanti ma tenuti insieme con armonia”.

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Danish Diaries, Humboldt Books

Il libro è un doppio diario: quello delle vite dei vari protagonisti e quello della tua, dei tuoi viaggi e dei tuoi incontri. Ma è anche, come tu stesso scrivi, “la storia di un grande amore, l’omaggio alla famiglia che mi ha accolto in Danimarca e a quella che ho creato in Italia”. Qual è la miccia che ha acceso il tutto?

Beh, è stato innamorarmi. Da allora la Danimarca è diventata il luogo esotico da esplorare, l’isola da scoprire e l’enigma da decifrare. Per quasi vent’anni ho ascoltato senza capire appieno la lingua e ho cercato ogni volta di colmare questa lacuna studiando e perlustrando musei, biblioteche, case, imprese, negozi, stazioni, fiere, porti. Tutti i protagonisti del libro sono entrati nella mia vita per una caparbia attitudine che ho all’incontro, alle relazioni, al dialogo. Anche chi non ho potuto conoscere di persona l’ho cercato in tutte le memorie che potevo raccogliere.

Il volume è anche un capitolo dell’industria e intellighenzia culturale europea fatta da quella comunità di persone che hanno migrato temporaneamente di qua o aldilà delle Alpi. Perché hai deciso di intitolarlo proprio Diari danesi?

Perché sono note biografiche, sono pezzi di vita di donne e uomini coraggiosi che hanno cercato nell’altro, nel diverso, nel nuovo una sfida esistenziale. La creatività è stata per tutti un’urgenza e così ha preso forma la loro espressività: teatro, comunicazione, arte, design, moda, editoria. Un lavoro costante di traduzione, interpretazione e ibridazione per accarezzare un progetto che garantisse sogno alla realtà. Nei diari ci sono storie di successi, di avvicendamenti, di fallimenti, di pause ma ogni volta scorre un’energia intraprendente, un’etica del lavoro, un fare operoso.

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Danish Diaries, Humboldt Books

Il tuo approccio con la Danimarca è stato graduale: prima i racconti di design di Lorenzo Palmeri, tuo professore a Siena, poi l’incontro con una designer danese, Maria Walter Nielsen, oggi tua moglie, e a partire dal 2003 i primi viaggi a Copenaghen. Hai persino scritto quelle che chiami “storie danesi” per giornali come A, Il Sole 24 Ore e Zero, spesso con lo pseudonimo di Knud Walter. Insomma, in che percentuale ti senti danese e come?

Io sono marchigiano, sono nato in riva al mare ascoltando i racconti senesi di un nonno che non ho fatto in tempo a conoscere. A Siena poi sono tornato per laurearmi. Poi c’è stata la Germania, il Brasile, il Cile e poi ancora il pendolarismo tra Danimarca e Italia. La quota danese in me è ben distribuita: è nella curiosità per il nuovo, per il viaggio; è nell’attenzione per la luce naturale e artificiale in un interno; è in un pranzo frugale con un pezzo di pane nero, burro salato e patate; è scendere dal pontile e tuffarsi in mare; è il confort di un design asciutto e senza tempo.

Nell’introduzione spieghi che Italia e Danimarca conoscono, ognuna a suo modo, il peso del fare e il contenuto dell’essere. C’è qualcosa altro che le unisce e quali invece sono le diversità?

Le unisce l’ossessione per la qualità. Arredo, cibo, architettura, musica sono quattro eccellenze che entrambe i paesi curano con assoluta maniacalità. La cultura del lavoro che crea paesaggi domestici e forme di intrattenimento è fervida e coltivata con sapienza. Le diversità sono tantissime ma volendo rimanere nel campo delle industrie creative ci differenzia una cosa: l’Italia crea le mode, la Danimarca invece le segue, le adatta, le riformula.

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Vico Magistretti and Maddalena De Padova, courtesy Archivio Storico De Padova, Milano

E il design dove si pone?

Il design è un terreno che accomuna i due paesi; è un’arena di competizione attorno a cui ruotano business e ossessioni. Entrambe hanno un tessuto di scuole, imprese, studi, enti che da un secolo partecipano dello sviluppo di una disciplina, il cui impatto nella vita quotidiana rimane altissimo. È un ambito dove il dialogo tra creativi non s’interrompe da mezzo secolo con protagonisti di primo piano: Vico Magistretti, Verner Panton, Arne Jacobsen, Bruno Munari, Mikal Harrsen, Anna Maria Indrio, Maddalena De Padova.

Di tutti questi meravigliosi personaggi che popolano il libro, a quali ti senti più vicino e perché?

Mi sento vicino a coloro che attraverso la vita di coppia hanno unito vita e professione, sacrifici e visioni, slanci e riflessioni. Fra tutti i GamFratesi, Stine Gam ed Enrico Fratesi sono di certo tra gli interpreti più affiatati della poetica di questo libro. Ma non solo i soli: ci sono gli Older, Alessandro Sarfatti, Noona Smith-Petersen, Elmgreen e Dragset.

Tre buoni motivi per leggerlo?

Per appassionarsi alle storie coraggiose di creatori straordinari come Giulio Ridolfo o Asger Jorn. Il primo ha portato il Friuli fra trama e ordito dei tessuti Kvadrat; il secondo ha trovato la sua seconda giovinezza in Liguria. Per credere nei passaggi generazionali di dinastie di imprenditori come i Byriel, i Graversen, i Gubi, i Lodigiani, gli Olivetti, gli Orsini. Per continuare a credere in un’Europa di buona volontà che va da Amalfi ad Århus. Per ricordare Piero Manzoni e Bertel Thorvaldsen… ma questo è già un buon quarto motivo.

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Asger Jorn in his studio in 1961, ph. Bartoli, courtesy Archivio Casa Museo Jorn – MuDA Albissola Marina

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Danish Diaries, Humboldt Books

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Danish Diaries, Humboldt Books

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Piero Manzoni performing the 7,200–metre line, Herning, 1960, ph. Eva Sørensen, courtesy Fondazione Piero Manzoni, Milano

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The Ox Chair by Hans J. Wegner production, ph. Elisabeth Heier, courtesy Fredericia

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Danish Diaries, Humboldt Books

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Danish Diaries, Humboldt Books

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26 febbraio 2022