Storie Design inaspettato: il volto nascosto degli oggetti Testo di Patrizia Malfatti Aggiungi ai preferiti Driade, Melt Me Oggetti che pongono il quesito dell’essere o non essere quello che sembrano. Immaginarli in modo inaspettato è proprio quanto hanno fatto i loro autori, da Nika Zupanc a Lorenzo Damiani Sono agli antipodi formali rispetto alla loro vera funzione. O, piuttosto, non sono affatto quello che appaiono. Sono oggetti che per divertissement dei loro creatori, tutti ex partecipanti al SaloneSatellite, deviano dai canoni abituali. Per sorprendere e divertire. Ne abbiamo selezionato alcuni perché intriganti o ironici o semplicemente eleganti. Sempre, però, nel segno del progetto. Campeggi, Underdog - Ph Luca Caizzi Campeggi, Underdog - Ph Luca Caizzi Campeggi, Underdog - Ph Luca Caizzi Sembra un trolley X-large, quando è chiuso. Con ruote sovradimensionate e cavalletto da bicicletta, Underdog, è un pezzo multifunzionale firmato da Lorenzo Damiani per Campeggi, azienda icona dei trasformabili. Nasconde, in realtà, una duplice anima: seduta anticonvenzionale prima e, poi, con poche e semplici mosse, quella di un letto gonfiabile. Un oggetto nomade che, oltre a ricordare le grosse valigie dei nostri emigranti, legate con spago e corde, si veste della sua funzione con un meccanismo di cinghie elastiche a vista. “Può essere considerato come il classico letto in più”, spiega il suo autore “ma anche come un divanetto occasionale da esibire senza preclusioni. “Se il suo nome significa sfavorito”, continua Damiani “credo che il cosiddetto ‘letto di fortuna’ possa essere considerato un oggetto sfavorito quasi per definizione che però, nel momento del bisogno, diviene l’unica possibilità per risolvere una necessità incombente. De Castelli, Xilo De Castelli, Xilo De Castelli, Xilo Rimanda, invece, a un prezioso tessuto di sapore etnico, steso elegantemente su una superficie piana, il tavolino Xilo realizzato da Delineo Studio per De Castelli. In lastre di ottone in spessore stondate alle estremità e di lunghezze diverse, piegate e poi accostate in modo che ricordino le frange di una stoffa, sembra quasi galleggiare nello spazio grazie a questo effetto ritmato. A sorpresa, ogni elemento strutturale presenta una trama distintiva fatta di dissolvenze di segni, che evocano una pregiata lavorazione manuale in dialogo con la superficie liscia delle parti meno esposte. Il pezzo ha un forte impatto scultoreo, la cui raffinata e sinuosa estetica riecheggia sapori Art Nouveau ed evidenzia la continua sperimentazione progettuale e ricerca materica, combinata a un pensiero e un fare artigianale, per le quali l’azienda trevigiana si contraddistingue da quattro generazioni, portando a sorprendenti risultati come questo. Driade, Melt Me Driade, Melt Me Driade, Melt Me Divertente e spiritosa, invece, la capsule Melt Me di oggetti in ceramica laccata, creata da Nika Zupanc per Driade. “Mi sforzo di progettare oggetti senza tempo, eleganti ed evocativi”, spiega la designer serba “che si presentano con un tocco imprevedibile, un dettaglio sorprendente, un diverso percorso di comprensione. Ed è proprio questo iter decisamente insolito, che porta un pezzo a forma di rossetto X-large, a servire da portagioie (Kiss Me), o la mezza ciliegia adagiata su un piano a essere un vassoio con cloche (Cherry Me Up), o il mezzo cuore trafitto dall’immancabile freccia a nascondere la sua vera identità di zuccheriera, preannunciata, però, dal suo stesso nome (Sweet Me Up). Oggetti diversi tra loro per funzioni e forme – la mini-collezione include anche un piccolo specchio – , tutti ispirati alla cultura pop, sia esteticamente sia simbolicamente, e accomunati dai colori rosso e nero in dialogo con l’oro. Fiam, Shift Fiam, Shift Fiam, Shift Fiam, Shift Sembrano, invece, degli importanti quadri-sculture gli specchi Shift, disegnati da Francesca Lanzavecchia per Fiam, che esplicitano l’expertise nella vetrofusione dell’azienda pesarese, pioniera degli arredi in vetro. “Un insieme di complementi plastici e monomaterici generati dalla pasta viscosa del vetro, nati dall’incontro tra linee ortogonali e superfici smussate” spiega la designer. Trattasi di una raffinata famiglia composta da un grande doppio specchio, da appendere a parete in modalità verticale od orizzontale, e da uno rotondo di dimensioni ridotte, caratterizzati da cornici in vetro composte da due elementi: parte in vetro trasparente o bronzo fuso a gran fuoco retroargentato, parte in vetro piano fumè o bronzo. Drammatizzate da scanalature verticali, veri e propri pattern decorativi tridimensionali unici, le ampie cornici fissano le immagini dello spazio circostante riflesse nella parte specchiata, rendendo l’insieme opera d’arte. Quadri di un’esposizione.