Manifestazioni Due gradi di separazione Testo di Marco Romanelli Aggiungi ai preferiti Separano, celano spazi, creano privacy e organizzano flussi: oggi, l’arredo che divide gli ambienti va ben oltre gli stereotipi. Circola sui social un aneddoto in forma di haiku (cfr. Odo Fioravanti) che dice “Designer non ha paravento in sua casa. Non conosce nessuno che ha paravento. Mai vista casa con paravento. Designer pensa paravento… Designer produce paravento. Designer lamenta che nessuno compra paravento”. Il design storico italiano ha frequentato poco la tipologia del paravento preferendo a essa, come separatori dello spazio, più funzionali sistemi “cielo-terra” di librerie: la più celebre, Franco Albini per Poggi, ora in catalogo Cassina. Nobili eccezioni: nel 1986 “Servento”, in acciaio verniciato e panno di lana, parte della famiglia “I Servi” di Achille e Pier Giacomo Castiglioni per Zanotta; nel 1989 “Spifferro” di Bruno Munari per Zanotta, intelligente declinazione delle sue “sculture da viaggio”, e, nel 1992, “Cartoons” di Luigi Baroli per Baleri Italia, giustamente Compasso d’Oro nel 1994. Oggi, tuttavia, in questo mondo pandemico o post-pandemico, ove le distanze sono improvvisamente diventate un valore, allo stesso modo in cui si stanno ripensando le planimetrie delle case e degli uffici, rinunciando rispettivamente ai concetti di loft e di open space, appaiono improvvisamente preziose strutture capaci di “zonizzare” la superficie abitativa. Ferma restando la tipologia, paravento o screen o room divider che sia, varie sono le strade percorse dai designer. Anacleto, da a: - Photo by Thomas Pagani Photographer Materiali facilmente igienizzabili, ma comunque permeabili dalla luce, come il vetro, appaiono particolarmente interessanti: paradigmatico il bellissimo “Rayures” di Ronan ed Erwan Bouroullec per Glas Italia (per la stessa azienda merita guardare anche lo specchiato “Prism Partition” di Tokujin Yoshioka). Utilizzabile, invece, in esterni il grande “gufo” (“Anacleto”) di Angeletti Ruzza per da a: lastra metallica tagliata a laser che espressamente cita i cartoni animati dell’infanzia. Rayures, Glas Italia - Photo by Maurizio Russo Diversa è la direttrice percorsa da chi usa la superficie articolata del paravento per trasportare l’arte dai muri delle case al centro dello spazio: Julia Dosza cita il costruttivismo russo in “Kasimir” per Colé. L’impareggiabile Calder viene invece ricordato da GamFratesi, per Cappellini, con “Balance” (dissuasore virtuale di prossimità). Konstantin Grcic propone a Cassina, con “Props-furniture”, il salto mortale di un oggetto “inclassificabile” (basso divisorio freestanding in metallo nero), ma sicuramente “separatore” e, oggi, visionariamente anticipatore. Al contrario asciutto e funzionale “Shade” di Marco Zito, per Saba Italia. Kasimir, Colé - Photo by Dario&Carlos Tettamanzi Balance, Cappellini Shade, Saba Italia - Photo by Maurizio Contratti Un riferimento a sé costituisce “Algues” dei fratelli Bouroullec per Vitra, invenzione che ha dato l’abbrivio a una vasta serie di citazioni, anche “d’autore”. Si tratta di un piccolo modulo plastico fitoforme (un’“alga”) che, combinato, crea grandi “tende” sospese al centro dello spazio. Algues, Vitra Infine, per ora maggiormente utilizzati negli spazi di lavoro, troviamo quei progetti che abbinano la funzione di schermo separatore a quella di fono-assorbenza. Paradigmatico in questo senso il lavoro di Raffaella Mangiarotti per IOC: a partire da sedute a schienale altissimo (“Ghisolfa”) la designer giunge a costruire muri interamente imbottiti (“Monforte”). Ma possiamo ricordare anche “Island” di Francesco Bettoni per Citterio o “Paravan” di Lievore Alther per Arper. Il problema dell’inquinamento acustico negli uffici precede indubbiamente la tematica relativa alla “distanze sociali” nel mondo Covid-19, ma appare comunque ormai interconnessa a quest’ultima. Ecco, allora, la foresta di colonne “Soundsticks” di Andrea Ruggiero per Offecct oppure l’articolata operazione “Snowsound” di Caimi Brevetti. Sfrutta, invece, la leggerezza dell’alluminio il paravento “Layout” progettato da Michele De Lucchi per Alias.