Salone Selection Due paesi e una storia: il design tedesco all’epoca della Guerra fredda Testo di Patrizia Malfatti Aggiungi ai preferiti Deutsches Design, 1949-1989 © SKD, Photo Iona Dutz Una mostra racconta il valore del design sotto diverse condizioni politiche, sociali e materiali. Quelle della Germania post-bellica fino alla caduta del Muro. Ha esordito con successo al Vitra Design Museum e ora prosegue, fino al 20 febbraio, al Kunstgewerbemuseum della Staatliche Kunstsammlungen Dresden. Questa mostra ha, infatti, un primato. È la prima a presentare il design delle due Germanie durante il periodo della Guerra fredda, raccontandolo come una sola storia. Non c’è il design migliore (a Ovest) e quello peggiore (a Est), come veniva percepito nell’immaginario più semplicistico. Tutto converge in un unico panorama. Il design tedesco si era già fatto notare negli anni '20, con l’associazione Werkbund e la scuola del Bauhaus. A partire dal 1949, dopo la divisione della Germania in Est e Ovest, i designer tedeschi si trovano su due fronti opposti, pronti comunque alla ricostruzione e al riscatto del loro paese. A Ovest, il design diventa il motore del miracolo economico, a Est invece viene assorbito nell'economia pianificata socialista. Deutsches Design © SKD, Photo Iona Dutz “German Design 1949–1989. Two Countries, One History” è una mostra comparativa, un’antologia composta da 390 oggetti selezionati negli archivi, musei e istituti di tutto il territorio nazionale. Figli del modello capitalistico o di quello socialista, arredi, lampade, complementi, piccoli elettrodomestici, giocattoli, grafica, tessuti, gioielli, abbigliamento, motociclette e automobili, come la Porsche o l’iconica Trabant, rivelano, a uno sguardo attento e analitico, profonde radici comuni, derivanti dalle succitate “scuole” di formazione del Werkbund e Bauhaus. Parallelismi e rimandi tra Est e Ovest sono evidenti, fino alla diffusione degli stessi pezzi di qua e al di là del Muro. Tra i tanti esempi, la futuristica sedia da esterni Uovo dell’ungherese Peter Ghyczy, realizzata nella Germania dell’Est nel 1968 che piace molto a tutti e si ritrova così anche nelle abitazioni della Repubblica federale tedesca. Sono anni che vedono il boom del design, caratterizzato in entrambi i paesi da prodotti dall’aspetto “spaziale” e dall’amore per la cultura pop. Comune alle due produzioni è anche la fiducia verso il design come strumento per dare forma non solo alla ricostruzione, ma anche al fascino dell’ideologia e del conseguente modello economico. Deutsches Design © SKD, Photo: Iona Dutz Organizzata cronologicamente, nella prima sezione della mostra (1949-1960) viene analizzato il design di entrambe le Germanie come strumento di propaganda politica e di formazione dell'identità nazionale, attraverso il progetto di simboli, valute, documenti di identità e, persino, di segnali per l’attraversamento pedonale. In questa fase, infatti, non esistendo ancora una netta divisione – il muro di Berlino nascerà il 13 agosto 1961 –, molti oggetti erano costruiti allo stesso modo sui due fronti. Il rispondere ai bisogni dei cittadini attraverso la produzione industriale, la cultura del prodotto progressista e l'edilizia moderna è quello che accomuna, oltre all’adesione a un’idea di modernità, le due realtà. Ambedue i paesi vedono anche l’apertura, o riapertura, di numerosi istituti e scuole di design e di aziende di settore. Di queste ultime, alcune hanno addirittura sedi da entrambi le parti. La costruzione del muro di Berlino nel 1961 segna una svolta nella storia del design tedesco-tedesco e, a sua volta, un altro capitolo della mostra (1961-1972). Il design diventa lo sfondo su cui i due sistemi politici si sfidano. Due sono le visioni della società. Quella consumistica della RFG che fa del design uno status symbol, mentre quella della RDT spinge alla produzione di prodotti a prezzi accessibili in grado di soddisfare il maggior numero di persone. I programmi abitativi su larga scala accelerano in entrambi i paesi la creatività per nuove idee di arredo e il design diventa il perfetto strumento per proiettare un’immagine moderna e aperta di ciascun paese. Deutsches Design © SKD, Photo Iona Dutz È poi la volta della crisi, delle proteste e delle alternative (1973-1989). Con l'arrivo di Erich Honecker come Primo Segretario della RDT nel 1971 e il declino del potere economico del paese, unito alla conversione delle grandi aziende all’export, molti designer reinventano la loro professionalità optando verso soluzioni più artigianali che in serie. Anche nella RFT, la crisi del petrolio del 1973 è determinante per il design industriale che inizia a guardare a soluzioni alternative, anch’esse più artigianali, artistiche e sperimentali. Tra le centinaia di pezzi espositi, quelli celebri come l’iconica moto Simson S50 di Karl Clauss Dietel (1975) che introduce il cosiddetto “principio aperto”, in cui ogni elemento strutturale è ben riconoscibile e può essere sostituito facilmente, o il radiofonografo di Dieter Rams (1956), soprannominato “Bara di Biancaneve” per il coperchio trasparente oppure rarità come la scultorea sedia ad asola Poly-COR di Luigi Colani, prodotta per l’azienda tedesca COR (1968) o i giocattoli terapeutici di Renate Müller. Due paesi e una storia: condivisa, fatta di scontri e contrasti, ma anche da interconnessioni e sinergie. German Design 1949–1989. Two Countries, One History Fino al 20 febbraio 2022 Staatliche Kunstsammlungen Dresden (Kunstgewerbemuseum) kunstgewerbemuseum.skd.museum