Storie Esercizio di stile: quando il design si fa leggero Testo di Marilena Sobacchi Aggiungi ai preferiti Storage di Piero Lissoni per Porro Al di là dell’abusato less is more, esiste un design “leggero” che non funziona per addizione ma per sottrazione, che non toglie forza al pensiero ma si trova all’apice di un cammino tra ricerca e sperimentazione in cui la levità è il risultato di un nuovo equilibrio tra segno, forma e materia. Non è mai di tendenza (se non in passerella). Iconica, quello sì, di tanto in tanto. Perché, prima di lei si pensa a funzionalità e comodità, ergonomia e organicità, oggi anche a sostenibilità e versatilità. La supera perfino il décor, in termini di prima richiesta. Lei, la leggerezza, è un po’ la Cenerentola del furniture design. Forse perché, nel nostro universo valoriale, non ne esce immacolata – basti pensare al suo legame con frivolezza, superficialità e banalità – o forse perché, ottenerla, non è affatto semplice – quanti buoni propositi di decluttering naufragano sul nascere? – o forse, ancora, perché appare più creativo e brillante progettare forme complesse. A riportarci al vero senso del termine è una schiera di pensatori, scrittori e artisti, a cominciare da Parmenide e Cicerone, passando per Marc Chagall, Paul Valéry e Leonardo Sciascia, per arrivare a Italo Calvino e Milan Kundera, che ci rammentano come la leggerezza passi per la sottrazione, che non è rinuncia, bensì focus, sintesi, precisione e definizione. E, infine, anima e poesia. Tessa di Antonio Citterio per Flexform Lezione che i Maestri del design non hanno perso, se pensiamo alla Thonet No. 14, al Veliero di Franco Albini, alla Chaise Longue LC4 di Le Corbusier, Pierre Janneret e Charlotte Perriand, alla Superleggera di Gio Ponti, allo String System di Nisse e Kajsa Strinning, alla Parentesi di Achille Castiglioni e Pio Manzù. E più recentemente? La leggerezza viene, oggi, assimilata a un linguaggio universale, sia a livello strutturale sia estetico, che accomuna designer che prediligono evitare l’abbondanza di narrazione, adottare un approccio minimal, che non vuol dire assenza di valori o idee, ma concentrazione di espressività nel minimo della forma. Sono progettisti a cui non interessa la decorazione come fatto di superficie, bensì la bellezza in sé, pura e mai ostentata, di tratti che elevano e trasformano l’apparente fragilità di un arredo in meraviglia. Tra loro, Michael Anastassiades, Francisco Gomez Paz, Oki Sato, i FormaFantasma, Ronan e Erwan Bouroullec, Francesco Meda. Funivia di Carlotta de Bevilacqua per Artemide Di lightness sembrano fatti anche molti nuovi progetti, a sottolineare che un segno quasi effimero, seppur essenziale, è più che mai fondamentale nelle nostre vite. Ne è un esempio la seduta Lemni di Marco Lavit per Living Divani: in cuoio, sospesa e in equilibrio su una struttura metallica, traccia un lieve disegno nell’aria. Un po’ arredo, un po’ scultura, esprime la voglia di liberarsi da pesi superflui con una vitalità grafica che è anche quella della Rope Chair dei fratelli Bouroullec per Artek – una linea disegnata e tradotta in tre dimensioni, un semplice gesto artistico che prende vita nello spazio. Lemni di Marco Lavit per Living Divani Leggera è anche Hiroi, la poltroncina di Cappellini nata dalla collaborazione tra due designer emergenti dell’Europa dell’Est, Matěj Janský & Cyril Dunděra: l’utilizzo di materiali semplici come legno e cuoio le conferisce un’assoluta purezza visiva che cela grande perizia produttiva. Stesso mood per la poltrona Tessa di Antonio Citterio per Flexform: al di là dell’apparente semplicità, ogni dettaglio costruttivo suggerisce grande complessità progettuale, frutto del saper fare artigianale del brand. Hiroi di Matěj Janský & Cyril Dunděra per Cappellini L’armonia è parte del DNA di Ritzwell e la si tocca con mano nel nuovo MT Table di Shinsaku Miyamoto: l’eleganza essenziale di questo tavolo da pranzo nasce dall’equilibrio tra l'ampio piano in legno massello e le sottili gambe in metallo. Con un approccio completamente differente, raggiunge lo stesso effetto Half a Square di Michael Anastassiades per Molteni&C., progetto fortemente minimalista e geometrico nel disegno ma ricco nei materiali utilizzati – marmo, vetro ed essenza di eucalipto. Doppia anima – essenzialità concettuale e ricchezza materica – anche per la collezione Plot di GamFratesi per Poltrona Frau: la struttura di questi separé è volutamente sobria, ma nell’intreccio del loro design rivela grande personalità e intensità poetica. Dà nuova leggerezza all’area d’ingresso Wave di Lanzavecchia + Wai per DeCastelli: con le sue forme essenziali e il movimento lento e sinuoso, reinterpreta un archetipo asiatico, la shoebench, che da complemento di servizio viene nobilitato a elegante elemento di benvenuto.