Storie Extremis, l'intervista al fondatore Dirk Wynants Testo di C. S. Bontempi Sciama Aggiungi ai preferiti Extremis, AMAi, photo courtesy “La mia visione per la continuità aziendale non risiede necessariamente nella continuità familiare” - spiega Dirk Wynants. “Mio padre era un falegname e mio suocero aveva una ditta di carpenteria metallica, ma io ho iniziato da solo.” Come hai sviluppato il tuo modello di business e la tua azienda? I miei genitori volevano che io e i miei tre fratelli minori ci unissimo all’azienda di famiglia e io ero l’unico a pensare che non fosse una buona idea. Sfortunatamente avevo ragione e finì che chiusero. Ho imparato molto da quell’esperienza. Anche se gli interni in legno che realizzavano erano tutt’altro che moderni, lì ho imparato tutto quello che c’è da sapere di falegnameria, fatturazione e offerte, perché ero l’unico in famiglia che sapeva scrivere a macchina. Quando ho iniziato a studiare architettura d’interni mi si è aperto un mondo. Volevo fondare una mia azienda di mobili perché a quel punto mi era molto chiaro che era quella la mia passione. La scuola non insegnava molto degli aspetti commerciali dell’attività perché voleva nutrire di più il lato artistico di noi studenti. Ma il design è anche economia, vendite e produzione di massa. Così ho deciso di scrivere la tesi sulla connessione tra consumatori e design. Per me l’esperienza più importante è stata lavorare come rappresentante di alcune aziende di design, come Sawaya & Moroni, in tutto il Benelux. Ho avviato la mia attività grazie alle conoscenze che ho maturato in quel periodo. Avevo un buon salario ma non volevo restare chiuso in quella gabbia dorata. Così ho fondato la mia azienda con €6.000 all’età di 30 anni e ho messo da parte tutto il resto. Extremis, Gargantua, photo courtesy Eri da solo o hai iniziato con qualcuno? Ero da solo. Mia moglie si è unita a me molti anni dopo, perché all’epoca lavorava con suo fratello nell’azienda della sua famiglia. A un certo punto era diventato difficile per me fare tutto. A che punto hai capito che tu e la tua azienda vi eravate trasformati, che ce l’avevi fatta? Pensare di avercela fatta può essere molto pericoloso: bisogna lavorare in un processo continuo, senza fine. Quando ho fondato la mia attività ero abbastanza convinto che qualcosa sarebbe andato storto. Che forse non avrei avuto successo. In effetti era molto probabile. La mia prima fiera internazionale è stata il primissimo SaloneSatellite con Gargantua (ho partecipato anche a una seconda edizione, poi mi hanno cacciato perché stavo crescendo troppo in fretta!). Era un prodotto di cui io stesso avevo avuto bisogno: mia moglie mi aveva chiesto di comprare dei mobili da giardino e non riuscivo a trovare nulla che mi piacesse. Quindi ho pensato: ecco un mercato ancora aperto. Ho avuto un buon tempismo: devi sempre essere un po’ in anticipo, perché se non sei troppo avanti finisci per rimanere indietro. Per queste cose ho sempre avuto un buon istinto. Dall’inizio nel 1994 ho iniziato a concentrarmi sul mercato internazionale, perché il Belgio è un Paese molto piccolo. Il mio primo cliente estero è stato un negozio a Düsseldorf. Sono andato fino a lì per consegnare il pezzo e assemblarlo io stesso nello showroom. C’era un bel tipo, vestito in modo stravagante, così impressionato che stava sdraiato sotto il tavolo a dire “Wow, è fantastico”. Era l’amministratore delegato di Zanotta. A quel punto ho pensato che forse potevo farcela, potevo crescere. Mi ha dato un po’ di coraggio. Oggi abbiamo un ufficio anche negli Stati Uniti, dove si è trasferito a vivere nostro figlio maggiore Thomas. All’inizio il progetto era che avrebbe prima lavorato per altre realtà, ma poi ha incontrato una ragazza negli Stati Uniti, si sono stabiliti in Michigan e si sono uniti all’azienda di famiglia. Anche se i miei figli lavorano con me, non è detto che a un certo punto rileveranno tutto loro. Mi sembra un punto interessante. E loro ne sono perfettamente consapevoli. All’inizio è stato un po’ difficile farglielo capire, ma far gestire l’attività che hai fondato ai tuoi figli può diventare un regalo velenoso. Extremis, Salone del Mobile.Milano 2022, photo courtesy A proposito di gestire l’azienda: conti di più sulla leadership o sul lavoro di squadra? Io sono un designer e sono coinvolto in tutto, ma non sono un manager. C’è una grande differenza, perché voglio concentrarmi sul design. Il mio biglietto da visita recita BIG BOSS, ma la verità è che il capo è mia moglie. La prima cosa che chiediamo alle persone che vengono a lavorare per noi è di inventarsi un titolo originale che descriva bene il loro lavoro. Non vogliamo i soliti ruoli noiosi, perché preferiamo un’organizzazione estremamente piatta. A cosa stai lavorando, in preparazione per il prossimo Salone del Mobile? Abbiamo una ventina di progetti sul fuoco e un centinaio che aspettano in frigo. Le idee che non passano la selezione a volte finiscono nella spazzatura, altre nel frigo. Poi ci sono quelle in lavorazione, tra cui solo poche arriveranno davvero sul mercato. Al momento stiamo lavorando ai prototipi di quello che presenteremo a Milano, ma dobbiamo ancora fare alcune scelte. C’è qualche prodotto a cui sei particolarmente legato? Me lo chiedono spesso e tendo sempre a dire che il prodotto a cui sono più affezionato è sempre il prossimo, o quello a cui sto lavorando al momento. Ma non posso dimenticare che Gargantua è stato il mio punto di partenza. Sono felice di avere ancora questo pezzo nella nostra collezione. Extremis, Sensu, photo courtesy Come state affrontando questo momento storico, con le sue sfide economiche e sociali? Non voglio lasciarmi influenzare da una situazione temporanea di cui non posso cambiare nulla. Andiamo avanti come al solito. I segnali che riceviamo sono ancora piuttosto buoni. Le cose rallentano ma non è mai bene reagire andando nel panico: meglio vederla come apertura verso nuove opportunità. è il momento di essere creativi e continuare per la nostra strada, non di prenderci una pausa. Cosa ne pensi del metaverso e della possibilità di presentare i tuoi prodotti all’interno di quel mondo? Il mio obiettivo è migliorare le interazioni che le persone possono avere. E mi sembra che il metaverso vada nella direzione opposta della condivisione: non mi interessa far parte di questi mondi di oggetti artificiali. Preferisco mettere sul mercato prodotti che migliorano la vita reale. Però vorrei anche capire perché le persone trovano valore in questa realtà parallela e quali sono le intenzioni di chi la sta costruendo. Viviamo in un mondo in continua evoluzione e non sono pronto a diventare il dinosauro che non si è accorto di cosa stava per piovergli in testa... Extremis, Gargantua, photo courtesy Extremis, Gargantua, photo courtesy Extremis, AMAi, High Low Bench, photo courtesy 14 marzo 2023 Share Vedi ancheAltri articoli Manifestazioni The Euroluce International Lighting Forum Sostenibilità I principi dell’architettura biofilica Salvatore Peluso Manifestazioni Highsnobiety e Salone del Mobile.Milano celebrano i Maestri del design Manifestazioni Quanto è importante il SaloneSatellite per un giovane designer? Alessandro Mitola