Francesco Zurlo: “Con la sua visione, il Salone è in grado di orientare verso un approccio più sostenibile”

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Francesco Zurlo, Professore ordinario di Industrial Design e Preside della Scuola del Design del Politecnico di Milano

In occasione della presentazione dell’Annual Report (Eco) Sistema Design Milano, una conversazione con Francesco Zurlo, Professore ordinario di Industrial Design e Preside della Scuola del Design del Politecnico di Milano 

Dalla sinergia tra il Salone del Mobile.Milano e il Politecnico ha preso forma (Eco) Sistema Design Milano, un Report che si è posto l’obiettivo di restituire, attraverso dati qualitativi e quantitativi, le dimensioni di un evento che ogni anno contribuisce a rendere Milano Capitale del design. Un primo tassello di un più ampio mosaico che guiderà la nascita del primo Osservatorio permanente per monitorare gli sviluppi e le evoluzioni di un evento unico al mondo. 

Il progetto di ricerca è stato curato da Susanna Legrenzi, Press & Communication Strategy Advisor del Salone del Mobile.Milano, e dal Dipartimento di Design - Politecnico di Milano. Il 28 novembre (rivivi l’evento) è stato presentato presso il Piccolo Teatro Grassi, dove per l’occasione si è tenuta una Lectio Magistralis di Charles Landry, saggista e sociologo urbano.

Con Francesco Zurlo, Professore ordinario di Industrial Design e Preside della Scuola del Design del Politecnico di Milano, parliamo dell’importanza dell’incontro tra Salone del Mobile e Politecnico, ma anche delle sfide e delle opportunità che l’ecosistema design deve affrontare e cogliere oggi. 

Salone del Mobile.Milano e Politecnico di Milano sono due tra le voci più autorevoli all'interno del sistema design e arredamento. Quanto è importante questa nuova collaborazione?

Come ha suggerito la Presidente del Salone Maria Porro durante la presentazione del Report, il Politecnico esprime una terzietà perché non ha interessi diretti legati al fenomeno del Salone del Mobile.Milano, né al sistema di eventi in città durante la Settimana del design. Oggi l’università sta diventando sempre più una realtà sociale attiva sul territorio in cui è radicata, e può portare un contributo scientifico all’analisi di fenomeni significativi locali. Il Salone del Mobile ha deciso di collaborare con noi proprio perché il Politecnico è uno degli attori – storicamente - più importanti e presenti nell’ambito milanese.

Tra i passaggi più rilevanti presenti all’interno dell’Annual Report, è emerso il concetto di interdipendenza. Che valore ha questa parola oggi? E quali sono i punti chiave che il Report ha messo a fuoco?

Una dimensione rilevante riguarda quello che abbiamo definito Sistema Design Milano. La domanda fondamentale da porsi è semplice: tutto ciò che vediamo all’interno del Salone del Mobile potrebbe esistere se non esistesse una dimensione di interesse verso il design che esprime la città di Milano? All’interno del Report, abbiamo rilevato una grande quantità di attori che si occupano di design, e che lo fanno in modo continuativo 365 giorni l’anno. Abbiamo intercettato un tema istituzionale a supporto dell’universo design. Abbiamo visto che il territorio milanese, per come è configurato, è in grado di far circolare la conoscenza sul design. Tutto questo sostiene un fenomeno così importante come il Salone del Mobile. Così come è vero anche il viceversa: perché lo stesso Salone, da oltre 60 edizione, alimenta il Sistema. Esiste dunque una forte interdipendenza tra questi aspetti: sono fermamente convinto che ciò che accade al Salone sia profondamente legato a ciò che accade in città. E credo anche che non debba esserci una dimensione di conflittualità tra queste due dimensioni, proprio perché si alimentano vicendevolmente. Esistono infinite sfumature che mettono in gioco le dimensioni commerciali, culturali, comunicative. Questa interdipendenza ci mostra la necessità di rifuggire da un’idea di polarizzazione, e comprendere che la realtà è fatta di complessità e gradienti. Il lato culturale del Salone del Mobile, che tra le altre cose racchiude il SaloneSatellite, ne è proprio un esempio. 

L’Annual Report è un progetto pilota che rappresenta un primo tassello di un processo che punta a monitorare sul lungo periodo l’impatto sul territorio e la legacy del Salone. In che modo rappresenta uno strumento utile per l'attuazione di uno sviluppo sostenibile? 

È uno strumento utile perché a oggi non esisteva un set di evidenze così concentrato e puntuale. Grazie a questo progetto, abbiamo avuto l’occasione di entrare in relazione con diversi dataholder e ci siamo confrontati con numerosi stakeholder. È stato un momento importante che ha portato a conoscere in profondità questo fenomeno. E la conoscenza profonda è fondamentale per governare i fenomeni. Parlando di governance e legandoci al tema dello sviluppo sostenibile, prendendo in prestito le parole dell’urbanista e sociologo Charles Landry, esiste un’improvvisazione jazz dove tutti gli attori in gioco si impegnano perché esiste un purpose comune. Penso dunque che dovremmo sostenere questa orchestrazione jazz, ma è anche vero che una buona esecuzione è subordinata a un canovaccio: è fondamentale capire in che modo quest’ultimo viene messo a punto. In questo contesto, alcune realtà fanno da apripista: pensiamo al Salone del Mobile che nel 2023 ha ottenuto la certificazione ISO 20121, dimostrando impegno concreto sul tema della sostenibilità e la sua visione circolare. Il Salone è un esempio virtuoso in grado di influenzare tutti gli attori di questa industry.

Spostiamoci per un attimo sul tema della cultura del progetto. In un mondo del lavoro in costante cambiamento, perché è importante essere aggiornati? 

Siamo immersi in una situazione mondiale di assoluta incertezza, volatilità e ambiguità. E l’unico modo per poter affrontare questa dimensione è essere costantemente attenti ai fenomeni di cambiamento e a tutto ciò che riguarda la pratica del design: dalle nuove tendenze sui materiali, passando per gli sviluppi tecnologici. Quando si produce un servizio o si realizza un manufatto, la cultura del progetto dovrebbe continuare ad alimentare la cosiddetta reason why. In questo senso è fondamentale una conoscenza dei contesti, che non può essere datata ma necessità di essere costantemente alimentata e aggiornata. Sono solito dire ai miei studenti che un buon designer deve lavorare 24 ore su 24: deve avere le antenne dritte per percepire i segnali di cambiamento. È un elemento distintivo connaturato al design italiano, dove la sperimentazione rappresenta uno strumento indispensabile di apprendimento. 

A proposito di apprendimento, qual è il contributo del Politecnico per avvicinare i giovani progettisti al mondo delle imprese? 

Il design è una disciplina pratica e insieme riflessiva. La dimensione riflessiva sottende al tema della cultura del progetto: vale a dire interrogarsi su una determinata scelta piuttosto che un’altra. La dimensione pratica ha bisogno di un confronto costante per essere messa a terra. Da sempre, il Politecnico possiede una serie di attività progettuali realizzate in collaborazione con le imprese, che sono in contatto con noi per esplorare possibilità e opportunità. Il nostro è un approccio learing by doing o learning by project: la collaborazione è fondamentale perché porta la dimensione d’impresa all’interno del contesto universitario. Abbiamo all’attivo diverse iniziative, tra cui Passion in action che prevede percorsi extracurriculari per gli studenti: è un modo particolarmente utile e formativo per avvicinare i progettisti di domani alle dinamiche aziendali con cui dovranno misurarsi non appena entreranno nel mondo del lavoro. Ed è uno scambio reciproco: le imprese crescono con noi, è un approccio win-win. 

19 dicembre 2024