Sostenibilità I principi dell’architettura biofilica Testo di Salvatore Peluso Aggiungi ai preferiti Centro artistico Sfer Ik, progettato dallo studio Roth Architecture in Messico - Ph. Azulik Negli ultimi anni si è diffuso un approccio innovativo alla progettazione che cerca di portare la natura negli ambienti interni, creando spazi armonici e salutari Integrare elementi naturali all’architettura per favorire il benessere delle persone. È questo, in estrema sintesi, ciò che definisce l’approccio che negli ultimi anni definiamo come design (o architettura) biofilico: una strategia progettuale che tiene conto della spontanea tendenza degli esseri umani a sentirsi bene in mezzo alla natura. Con una popolazione globale concentrata prevalentemente in metropoli sempre più grigie, dense e inquinate, è necessario ripensare l’abitare in modo da “riconquistare” la natura. La sfida fondamentale della progettazione biofilica consiste nell’affrontare le carenze dell’ambiente costruito moderno, creando nuovi contesti che permettano la presenza benefica di ambienti naturali. “Biofilia” è una parola coniata dallo psicologo Eric Fromm e resa popolare per la prima volta dal biologo Edward O. Wilson negli anni Ottanta: letteralmente significa “amore per la vita” e definisce l’impulso degli esseri umani ad affiliarsi ad altre forme di vita. Secondo Wilson, la natura è per le persone un bisogno primario, strumentale alla salute fisica, mentale e al benessere. Questo perché la storia evolutiva dell'essere umano, spiega il biologo, è stata una risposta adattativa al mondo naturale. L'uomo ha bisogno della natura per stare bene. Le discipline progettuali si sono appropriate di questa filosofia, proponendo una serie di azioni che tengono conto della spontanea tendenza degli esseri umani a sentirsi bene in mezzo alla natura. Non è difficile immaginare perché: il nostro cervello primitivo è fatto per funzionare meglio quando è in un certo tipo di habitat. Piante, alberi, acqua e temperatura confortevole sono esattamente gli ingredienti giusti per soddisfare le esigenze elementari della vita. E in queste condizioni ci rilassiamo, produciamo meno ormoni dello stress e abbiamo energie da spendere in pensiero e creatività. Si usano elementi diretti, come le piante, l’acqua, i suoni. E indiretti, come i materiali naturali, quei colori che noi definiamo neutri ma che in realtà sono tipici del nostro habitat originale, e una gestione degli spazi che tiene conto del bisogno di una vista ampia e circolare. Questi accorgimenti sono utili ovunque. Ma lo sono ancora di più in ambienti in cui si attuano processi spontanei come l’apprendimento o la guarigione. Centro artistico Sfer Ik, progettato dallo studio Roth Architecture in Messico - Ph. Azulik Centro artistico Sfer Ik, progettato dallo studio Roth Architecture in Messico - Ph. Azulik Progetto di BIG + Carlo Ratti Associati a Singapore - Ph. Finbarr Fallon Progetto di BIG + Carlo Ratti Associati a Singapore - Ph. Finbarr Fallon Progetto di BIG + Carlo Ratti Associati a Singapore - Ph. Finbarr Fallon “Welcome”, l’ufficio del futuro progettato da Kengo Kuma a Milano - Ph. KKAA “Welcome”, l’ufficio del futuro progettato da Kengo Kuma a Milano - Ph. KKAA “Welcome”, l’ufficio del futuro progettato da Kengo Kuma a Milano - Ph. KKAA Stephen R. Kellert, professore emerito alla School of Forestry and Environmental Studies della Yale University ha descritto cinque condizioni essenziali per un’architettura biofilica efficiente. Ogni punto sottolinea anche cosa NON è design biofilico: 1. La progettazione biofilica guarda agli adattamenti dell'uomo al mondo naturale che, nel corso dell'evoluzione, si sono dimostrati fondamentali per il miglioramento della salute, della forma fisica e del benessere delle persone. Alcune esposizioni alla natura sono irrilevanti per la produttività e la sopravvivenza umana. hanno uno scarso impatto sul benessere umano e non sono significativi per la progettazione biofilica. 2. La progettazione biofilica presuppone un contatto costante e duraturo con la natura. Un'esperienza occasionale, transitoria o isolata nella natura esercita solo effetti superficiali e fugaci sulle persone e può persino, a volte, essere in contrasto con la promozione di risultati benefici. 3. La progettazione biofilaca richiede l’integrazione e interconnessione dei vari elementi naturali in un ambiente. L’utilizzo non contestuale di elementi naturali – l’inserimento di una pianta isolata o l’utilizzo di un materiale naturale in contrasto con altre caratteristiche spaziali dominanti – non rappresenta una progettazione biofilica efficace. 4. Il design biofilico favorisce il legame emotivo con gli ambienti e i luoghi. Soddisfacendo la nostra intrinseca inclinazione ad affiliarci alla natura, la progettazione biofilica genera un attaccamento emozionale a particolari spazi e luoghi. Questi legami sentimentali motivano le prestazioni e la produttività delle persone e ci spingono a identificarci e a rispettare i luoghi che abitiamo. 5. La progettazione biofilica favorisce interazioni e relazioni positive e durature tra persone e ambiente naturale. Gli esseri umani sono una specie profondamente sociale, la cui sicurezza e produttività dipendono dalle interazioni positive all’interno di un contesto spaziale. Una progettazione biofilica efficace favorisce le connessioni tra le persone e il loro ambiente, aumentando i sentimenti di relazione e il senso di appartenenza a una comunità significativa. Leggi anche Un esempio concreto di architettura che segue questi principi è senza dubbio il progetto Welcome di Kengo Kuma a Milano, che verrà inaugurato nei prossimi mesi. “Il progetto si discosta dalla tradizionale tipologia dell’ufficio e presenta un layout dinamico, che annulla ogni ridondanza spaziale e pensa alla qualità della vita dei lavoratori, favorendo creatività e produttività. L’utilizzo di elementi naturali come componenti architettoniche e costruttive è al centro del concept di biophilic design. Oltre all’utilizzo del legno per la realizzazione della struttura, il progetto dà ampio spazio alla vegetazione, alla luce e alla ventilazione naturale, garantendo il miglior comfort in ogni situazione,” ha affermato l’architetta Yuki Ikeguchi, responsabile del progetto per KKAA, che ci fa notare come la qualità del progetto derivi dalla stratificazione di strategie ed espedienti progettuali diversi. Tra questi c’è un’innovativa tecnologia di purificazione dell’aria, che i progettisti giapponesi hanno concepito in collaborazione con il celebre botanico e saggista Stefano Mancuso “La Fabbrica dell’Aria utilizza le piante per depurare in brevissimo tempo l’aria degli ambienti indoor, eliminando il 99% dei composti volatili dannosi, che vengono assorbiti e degradati dalle piante. È un sistema che amplifica la possibilità delle piante di depurare l’aria, una tecnologia che fa uso della vegetazione: una nature-based solution. Queste prestazioni le possiamo misurare con dei sensori, ma sono immediatamente percepibili anche dall’uomo. Però l’ufficio biofilico non si limita solo a questo. Le piante hanno degli effetti positivi sulla psiche, sulla salute e sulla produttività. La mia non è un’idea ‘new age’ e buonista ma un’osservazione scientifica dimostrata da migliaia di pubblicazioni riconosciute a livello internazionale. In generale, possiamo affermare con certezza che non c’è un’altra singola soluzione che permette una tale quantità di vantaggi con una spesa così esigua. Non è un miracolo ma semplicemente che le piante sono casa nostra.”
Manifestazioni Salone del Mobile.Milano 2024: l’outdoor tra ricerca, sperimentazione, innovazione C. S. Bontempi Sciama