I tappeti di Jan Kath, design moderno e metodi tradizionali
Dalla techno music al tappeto fatto a mano: la passione del designer tedesco Jan Kath arriva da lontano e oggi è fatta di fiere e showroom in giro per il mondo, premi, come il Red Dot e il Carpet Design Award, ispirazioni atipiche ed esposizioni nei musei più importanti del mondo
Sono un figlio d’arte, se così si può dire. I miei genitori e nonni commerciavano tappeti di altissima qualità. Li compravano in tutto il mondo, Turchia, Afghanistan, Iran e Nepal, poi li vendevano alla clientela tedesca. Come succede in questi casi, dopo un’infanzia passata sui tappeti, ho avuto una sorta di distacco. Non ho mai voluto seguire le orme di famiglia, mi dicevo non fosse il mio destino. Nella testa avevo solo musica, viaggi e zaino in spalla.
Ho iniziato a viaggiare in India, seguivo grandi concerti, una volta ero a Goa, l’altra in Nepal. Un giorno mi ritrovo con le tasche vuote ma senza nessuna intenzione di tornare. Magicamente incontro un amico di mio padre per strada che produce tappeti in Nepal e Kathmandu. Si lamenta del fatto di dover viaggiare tutto il tempo per verificare la qualità dei tappeti, per lui è troppo noioso. “Lo faccio io” gli dico. Ho iniziato a occuparmi del controllo qualitativo dei tappeti. Dopo due o tre anni, sono diventato responsabile della produzione. Da cosa nasce cosa, e da lì, non avendo abbastanza denaro per assoldare designer, me ne sono occupato personalmente.
Sì, un selfmade designer, ma con una profonda conoscenza dell’artigianato dei tappeti appresa in famiglia. È vero, è un’arte che non ho imparato all’università, ma che è venuta fuori con l’esperienza.
Sono parte della mia storia, hanno una estetica particolare. C’è Bochum, in Germania, con l’architettura industriale. C’è Essen con le miniere e la bellezza del vecchio. Poi il cielo sull'Himalaya, tovaglie a New York e i viaggi di una vita. L’ispirazione della Spectrum Collection è l’aurora boreale, vista d’improvviso su un aereo dalla Mongolia alla Germania. In quel caso ci sono voluti due anni per affinare le tecniche, ci sono molte sfumature di colore morbide. Sembra facile ma non lo è affatto, provo a spiegarlo prendendo le parole dalla fotografia: un’immagine consiste in tanti pixel, così come un tappeto è fatto di tanti nodi. Ognuno di essi può avere diversi colori, per questo dobbiamo realizzare una singola lana per ogni nodo. Ci abbiamo messo anni per affinare questa tecnica, oggi abbiamo bisogno dei migliori tessitori del mondo.
Al momento ci sono molti disegni su telaio abbastanza impegnativi che credo saranno pronti solo all’inizio dell’anno. Avremo nuovi pezzi della Spectrum Collection, un nuovo tono della Savonnerie Collection e per la prima volta ci saranno designer e artisti a immaginare nuovi filati.
Milano è molto speciale, tutti hanno a che fare con la moda e il design, hanno come una sorta di abitudine alla bellezza. È così bello camminare per la città, non solo durante il Salone, ma sempre. Ed è incredibile vedere come alle persone piaccia particolarmente lo stile, l’eleganza: il lifestyle milanese offre una grande ispirazione. Durante il Salone c’è una energia osmotica, quella di rivedere amici, stare insieme, è il primo evento internazionale a cui tutti ambiscono partecipare. Anche Parigi è una bella città dove andare, abbiamo fatto diversi show anche a New York, ma Milano è una città totalmente diversa. I milanesi hanno il design nel Dna, è qualcosa che non si vede solo all’interno, ma anche all’esterno.
I clienti che comprano i nostri tappeti lo fanno perché sanno come lavoriamo, dobbiamo fare in modo che tutta la filiera della produzione dei tappeti sia controllata.
I progetti sono concepiti utilizzando un computer presso il centro creativo di Bochum e inviati via internet ai laboratori in Nepal, Thailandia, India, Marocco o Turchia, Jan Kath è intransigente quando si tratta di produrre i suoi design moderni e insiste che si utilizzino vecchi metodi di produzione. Per la tintura vengono utilizzati solo coloranti ecologicamente testati e naturali. C’è un grande rispetto per i lavoratori e le lavoratrici che tessono i tappeti, per i loro ritmi lavorativi e l’ambiente.
È una bella metafora. Per quanto ne so è interessante notare che se in una stanza c’è un tappeto alla fine tutti si fermeranno lì, nel mezzo, a parlare, a chiacchierare, a sedersi, a giocare. Il tappeto è sempre il cuore della stanza, cambiano la temperatura e il calore, muta il rumore. Inoltre, dà memoria, fa parte della storia di famiglia. Non è un divano, rimane e dura di più. E difficilmente te li dimentichi.