Storie Il design olfattivo dei luoghi secondo Julian Bedel Testo di Marilena Sobacchi Aggiungi ai preferiti Fueguia 1833, Milan, photo courtesy Spazi e fragranze vivono relazioni indissolubili. I profumi permeano lo spazio, definendolo e comunicandolo. Il fondatore di Fueguia 1833 ci racconta come nasce l’identità olfattiva di uno spazio. Quando percepiamo un profumo ci muoviamo tra diversi piani: ricordo, riconoscimento, suggestione, conforto, repulsione; tutti questi aspetti determinano la dimensione e l’identità olfattiva dei luoghi che viviamo. Elementi, che, oggi, architetti e designer non possono esimersi dall’inserire nel processo creativo. Precursore di questa tendenza, Julian Bedel, chimico e botanico self-made, liutaio e chitarrista, esplora i confini del mondo naturale per creare atmosfere olfattive in grado esprimere l’identità e l’unicità degli spazi in cui è chiamato a operare. Tra le sue “opere”, le essenze per l’Hotel Ett Hem di Stoccolma, la Fondazione Hauser & Wirth, il NY Jewish Museum, il brand automobilistico Rolls-Royce. Fueguia 1833, Milan, photo courtesy Essere un creatore di profumi è stata una “naturale” evoluzione dell’essere musicista? Penso di sì. In fondo, è solo il mezzo di espressione che cambia: pittura, scultura, musica, arte del profumo. Quello che conta è la voglia di avvicinarsi a nuovi “campi” con la stessa curiosità e lo stesso spirito aperto. Anche il processo creativo è simile? Esattamente lo stesso. Come la cucina, d’altronde. La differenza è che un piatto di pasta non rimane nel tempo. Quando si hanno degli elementi da combinare, il processo non cambia: che tu debba cucinare o comporre una melodia. Certo, poi c’è di mezzo la creatività. È a questo punto che si inserisce il mistero, la magia. Io parto ancora prima, da una preparazione antecedente che mi permette di capire se è possibile raggiungere il risultato in base agli elementi che ho a disposizione. E poi intervengono le influenze ricevute in passato. Nel caso della musica, ritmi e sonorità che ho ascoltato, nel caso dei profumi, ciò che ho respirato: paesaggi, arte, architetture, anche mobili. La tua prima installazione olfattiva realizzata a Buenos Aires? L’intento era creare una sinfonia di odori e percezioni a partire da estratti di piante medicinali con una reale influenza sulla psiche umana. Così che si potesse vivere esperienze ed emozioni a livello subconscio, non razionale. È questo l’effetto che dovrebbe avere una fragranza che, di per sé, è immediata, non ha bisogno di venire spiegata o raccontata. Ci si relaziona senza mediazione come avviene con un’opera d’arte. Ett Hem Hotel, photo courtesy Da dove nasce il tuo desiderio di approfondire il connubio tra profumo e arte visiva, design, architettura? Non è un desidero, è proprio una pulsione, una naturale curiosità; è voglia di fare, di rischiare. Ho costruito la mia prima chitarra semplicemente perché amavo la musica: è stato del tutto istintivo. Immaginare e sperimentare lo spazio e le architetture attraverso profumi ed essenze rientra tra le mie inclinazioni, lo faccio spontaneamente. Diverso è quando un brand come Rolls-Royce o un hotel o una fondazione d’arte ti chiedono di creare la loro identità olfattiva. È lì che inizia la sfida. Non si tratta di creare qualcosa in cui tu credi, che rispecchia il tuo ethos e ciò ami, ma di immaginare qualcosa in cui quella marca si riconosca e che piaccia e venga compresa dai suoi stakeholder. Come nasce allora il profumo per uno spazio o un brand? Il processo non si allontana dal mio modo di lavorare consueto. Ovviamente, i brand hanno un’idea abbastanza precisa di quale debba essere il risultato e del tipo di relazione che vogliono instaurare con i loro interlocutori attraverso un’essenza, ma non guidano il percorso di creazione, si affidano a me. Io non parto dall’annusare un’auto o un albergo o un oggetto d’arte. Mi rifaccio invece alle esperienze e alle emozioni che i loro clienti hanno, o desidererebbero avere, quando frequentano un luogo o guidano una determinata vettura. Ci racconti la tua esperienza con Fondazione Hauser & Wirth? Abbiamo lavorato con tre sedi della Fondazione – Somerset, Alva, Menorca. In realtà, il primo incontro è avvenuto perché avrei dovuto essere uno degli artisti espositori, ma Iwan e Manuela Wirth e Ursula Hauser furono subito affascinati dall’idea di creare una dimensione olfattiva ad hoc per la galleria di Somerset. Qui, hanno questo incredibile giardino realizzato da Piet Oudolf e anche Manuela ne ha uno pieno di fiori con ben precisa un’impronta olfattiva che ho cercato di riprodurre negli spazi interni. Lo stesso processo è avvenuto per altre gallerie, facendomi influenzare dall’ambiente circostante. Fueguia Botany Uruguay, photo courtesy Cosa concorrere alla definizione di uno spazio come dimensione olfattiva? Ciò che crea uno spazio, ne sancisce anche l’impronta olfattiva: arredi, tessuti, legni, pelli, carte da parati, tappeti, persino la tipologia di cera utilizzata nelle candele. Tutto questo risveglia in noi, in maniera più o meno conscia, un sentimento positivo o negativo che influenzerà il nostro modo di vivere e sentire quello spazio. Vi è poi il nostro bagaglio culturale, che ci fa percepire profumi e odori in maniera differente a seconda di dove abbiamo trascorso l’infanzia, quale cibo abbiamo assaporato, quale natura abbiamo esperito. Tutte queste sensazioni concorrono a creare in noi una personalissima esperienza olfattiva di luoghi e spazi. È da qui che parte la tua ricerca? A noi spetta capire e ricercare perché certi elementi risuonano in maniera differente in noi e trasportare questa conoscenza, non solo botanica, nella preparazione di un’essenza. Il design olfattivo può sollecitare a seguire un comportamento sostenibile, che rispetti i ritmi della natura? Lo spero, ma non me la sento di poter dare questa responsabilità sociale alle fragranze. Sicuramente hanno la capacità di farci sentire meglio, di collegarci al divino anche, hanno una grande forza trasformativa. Gli stessi profumi dell’arredo, quando naturali, ci mettono in contatto con la natura, l’ambiente. Ma non sono sicuro questo basti. Julian Bedel portrait, photo courtesy Fueguia 1833, Milan, photo courtesy Ett Hem Hotel, photo courtesy 12 ottobre 2022 Share