Il fascino sottile dell’opera di Piero Portaluppi in 150 scatti inediti
Da Villa Necchi Campiglio, amata da registi come Luca Guadagnino e Ridley Scott, al Planetario Hoepli: un viaggio nella società milanese attraverso la raffinata architettura di uno dei suoi Maestri.
È ancora il duo Lorenzo Pennati-Patrizia Piccinini, dopo la felice accoglienza della recente monografia dedicata a Carlo Scarpa – a firmare questo nuovo volume illustrato su uno dei più raffinati architetti milanesi del Novecento. Ingiustamente poco conosciuto ai più forse perché inserito dai giovani sostenitori del Modernismo, nel 1954, fra i “chiacchieroni, venduti e reazionari”.
Rappresentante della nascente borghesia industriale del Nord Italia, Pietro Portaluppi (chiamato Piero) nasce nel 1888 e respira fin da ragazzo la professione di ingegnere del padre e la cultura della famiglia materna, imparentata con il milanesissimo scrittore Carlo Emilio Gadda. Distintosi da subito per le sue capacità, vince, a 22 anni, il premio di miglior studente dell’anno del Politecnico di Milano indetto dal Collegio degli Ingegneri e Architetti della città, diventando da lì a poco “assistente straordinario di Architettura superiore”, incarico che lo introdurrà alla carriera accademica e lo vedrà preside della facoltà di Architettura fino al ritiro dall’attività nel 1963. Tra i suoi allievi si annoverano tutti quelli etichettati in seguito come “moderni”, il che fa di lui uno dei “padri dell’architettura”.
Difficile racchiudere in una sola definizione lo stile Portaluppi sia per la sua collocazione storica sia per la sua personalità. Portaluppi e la sua architettura sono, infatti, lo specchio del cambiamento del tempo. Nato a fine Ottocento vive il passaggio alla modernità e alle innovazioni tecnologiche, tra eclettismo e razionalismo. A cavallo tra i due secoli, dal primo eredita i modi eleganti e i gusti signorili, dal secondo la spinta e la curiosità verso il futuro. Attivo tra gli anni Venti e Sessanta del Novecento vive in pieno la dualità della storia: quella di un Paese demolito dalle guerre mondiali e la sua rinascita attraverso il boom economico. Interviene, infatti, su alcuni importanti edifici milanesi danneggiati dai bombardamenti – dalla Pinacoteca di Brera alla trasformazione del convento di San Vittore a sede del Museo della Scienza – e diviene l’architetto prediletto della nascente borghesia industriale nel Norditalia.
Le 150 fotografie di Lorenzo Pennati, tutte inedite, raccontano la sua prolifera produzione sempre volta a una pluralità di tipologie – dai palazzi e ville per l’alta borghesia a musei, alberghi, uffici e non solo, e a una costante ricerca “fatta di continuità con la tradizione e una voglia, sempre un po’ disincantata, di osare nuovi linguaggi”, annota Patrizia Piccinini. “Vignettista, disegnatore satirico, appassionato enigmista”, continua l’autrice “costruisce durante la sua lunga carriera un mondo visionario e fantastico, fatto di architetture immaginarie, ma anche di calambour stilistici: stelle, meridiane e astrolabi, che dissemina qua e là tra marmi pregiati e modanature dal gusto déco”.
Della prolifica vita professionale il volume è un’articolata selezione suddivisa in tre tipologie progettuali: quelle legate alla città e ai luoghi pubblici, agli spazi dell’abitare e all’estetica delle strutture industriali. La città con cui si confronta è Milano (sua città natale) attraverso il Planetario Ulrico Hoepli, edificio in stile neoclassico ma ironicamente punteggiato di stelline; l’Arengario – ora sede del Museo del Novecento –, sobrio edificio realizzato con Giovanni Muzio, Pier Giulio Magistretti ed Enrico Agostino Griffini; ed edifici come il palazzo della Banca Commerciale, della RAS, in collaborazione con Gio Ponti, e della società Buonarroti-Carpaccio-Giotto.
Tra le tante residenze private, segnate da superfici e dettagli raffinati, il volume “entra” in Casa Radici-Di Stefano, con i suoi meravigliosi bow-window ruotati di 45° gradi rispetto alla facciata per rendere più fluido lo spazio abitativo; in Casa Corbellini Wassermann, dagli eleganti pavimenti con effetto rigato; in villa Necchi Campiglio, dove boiserie, arredi, bagni fanno la parte del leone in un gioco di sofistificatezza e nuovi comfort quali la piscina riscaldata, il portavivande, i copricaloriferi o il citofono interno. Non a caso Luca Guadagnino e Ridley Scott hanno scelto l’elegante villa come set cinematografico per i loro Io sono l’amore e House of Gucci.
Tra i luoghi di lavoro, invece, si visitano la centrale idroelettrica di Verampio, in Val d’Ossola, e, a Milano, la sede della Società Filatura Cascami Seta e il Linificio e Canapificio Nazionale, edificio che progettato in due momenti diversi racchiude la sua cifra stilistica, né classica né moderna, in cui si incontrano uno stile di sapore secessionista e un racconto razionalista.
Eclettico e modernista, accademico eppure ironico, resterà per sempre “l’architetto dall’abile ingegno”, come lo aveva definito il suocero Ettore Conti, importante industriale del settore idroelettrico.
Titolo: Piero Portaluppi. Tra tradizione e avanguardia
Autore: Patrizia Piccinini
Fotografie: Lorenzo Pennati
Casa editrice: Rizzoli Illustrati
Anno di pubblicazione: 2021
Pagine: 220