Il linguaggio di De Castelli raccontato dal CEO Albino Celato
L’alta tecnologia abbinata al saper fare. Albino Celato, Ceo dell’azienda veneta De Castelli fondata nel 2003, si prepara al prossimo Salone, più aperto, sostenibile e visionario
Abbiamo ritenuto corretto e giusto, oserei dire anche necessario dare un segnale di ripartenza. Sapevamo non sarebbe stato un Salone come gli anni scorsi, ma abbiamo voluto dare un avvio alla ripresa, volevamo tornare a vivere la normalità. E questa normalità era necessario mostrarla al Salone, farla vedere a una delle parti economiche più importanti dell’arredo.
Ritengo che il Fuorisalone possa avere una giustificazione in essere quando c’è un Salone che funziona. Tutto nasce da lì, tutto quello che accade è merito dell’ente che lo organizza. Per questa edizione siamo andati a Milano senza sapere cosa avremmo trovato e cosa avremmo potuto ottenere. I risultati sono stati più che soddisfacenti perché le persone non erano quelle degli scorsi anni, abbiamo però avuto buoni risultati in termini di visite. Anche se la parte asiatica non si è vista assolutamente e gli Stati Uniti poco. Era importante la presenza, l’augurio è che si ritorni a essere quelli di prima, ed è giusto aver supportato le imprese e le aziende colleghe, poi diciamoci la verità…
Come settore non siamo stati particolarmente svantaggiati, bisogna ammetterlo. La crisi non ci ha colpito come per altri settori, la ristorazione, il teatro, il cinema. Chi è stato in casa ha acquistato e acquisito di più per i propri spazi. Per dirla con franchezza, noi avevamo il dovere morale di partecipare.
L’Europa ci dà risultati interessanti, il mercato del Golfo - Paesi arabi, Dubai, Arabia Saudita, Qatar - poi la Cina, l’India. Il risultato è stato interessante e soddisfacente perché non avevamo aspettative. In showroom abbiamo sempre avuto gente. Alcuni hanno capito che questa era un’edizione diversa, più di transizione, doveva esserci un mood particolare per presentare il prodotto. C’è chi ha fatto interventi fantastici, quindi presentando i prodotti rappresentando più il concetto, l’idea, la visione.
Il mercato non si è fermato, continuiamo ad avere un buon fatturato e buoni ordinativi. Sicuramente se avremo più apertura internazionale, avremo più modo di esporre e quindi di investire. Poi parliamo spesso di sostenibilità, che è anche avere sprechi ridotti in quello che è la manifestazione della propria azienda, non serve portare in fiera tutto il repertorio. Così come non serve dimostrare la qualità del Made in Italy, riconosciuta ovunque. E nemmeno una ostentazione di metri quadri. Serve raccontare situazioni ridotte che sappiano rappresentarci come produttori del mercato italiano.
Si esprime anche nei concetti, nei linguaggi, nelle capacità di comunicare quello che un’azienda fa. Questa potrebbe essere una chiave di volta che potrebbe cambiare il modo di esporre e fare le fiere. Il “supersalone” ci ha dato spunti per pensare in maniera diversa. Un Salone differente si può fare.
Bisognerebbe partire dal piccolo: ogni persona, nel suo piccolo, deve compiere azioni esemplari. Sicuramente l’azienda deve fare di più. Sono sfide contemporanee, pensare agli scarti, al recupero, a una produzione virtuosa, ma anche usare prodotti che siano riciclabili e che non creino problemi di smaltimento, mantenendo un valore intrinseco.
Per noi è fondamentale, uno dei punti della nostra ricerca deve essere la sostenibilità. Abbiamo materiali che fortunatamente hanno sempre valore, dobbiamo progettare i prodotti in modo che siano scomponibili nei propri elementi. Sono dinamiche che vanno messe in priorità, non solo quindi necessità di tipo estetico, ma anche di recupero e sostenibilità.
La capacità e il know how della lavorazione dei materiali che ci appartengono da tanti anni, ho la fortuna di essere la quarta generazione di un’azienda che ha sempre lavorato puntando sulla ricerca e sull’innovazione. Non siamo editori, produciamo tutto internamente, cerchiamo di abbinare due fattori che sembrano contrastanti tra loro, ma non lo sono. Il binomio è fondamentale: alta tecnologia, macchinari di ultima generazione abbinati a personale di alta artigianalità, professionisti che sappiano lavorare manualmente, come si lavorava 100 anni fa. Abbinare queste due cose e metterle insieme è il nostro goal.