Storie “Il Salone, un microclima irripetibile”, parola di Giovanni del Vecchio Testo di Francesca Esposito Aggiungi ai preferiti Poetico e ironico, Giovanni del Vecchio, CEO dell’azienda Giorgetti, fa il conto alla rovescia per il supersalone. Fra ricordi e bilanci, novità ed emozioni, un ritorno tanto atteso per l’azienda brianzola nata 123 anni fa. “Forse, più, di tutto, sono mancati i sensi. Durante i diversi lockdown e dopo più di un anno senza Salone, nonostante le sfide del digitale e le modalità alternative per incontrare i clienti, abbiamo sentito la mancanza di sensazioni ed emozioni che solo un evento unico come il Salone può dare. Del resto, il nostro è un settore fatto di queste cose, di dettagli, di materiali naturali e di profumi”. Come innamorati che non vedono l’amato da tempo, cosa vi è mancato di più? Il Salone è una presenza difficilmente sostituibile quando la si prende nel suo insieme. Quindi non solo come fiera e spazio fisico nei padiglioni, ma nella sua coesistenza con il Fuori Salone, con le attività, gli incontri, gli eventi collaterali, e tutto quello che ne consegue e che crea un microclima irripetibile. È un momento importante per parlare di design e per poter esprime al meglio, ognuno, le proprie proposte. Poi che dire, ci sono mancati i meeting con i nostri partner, la possibilità di dare e creare presentazioni scenografiche uniche, l’intero sistema che funziona e che alimenta le visite e gli incontri. Cosa vi siete inventati durante questi mesi di amore a distanza? Abbiamo lanciato un broadcasting digitale con le presentazioni delle nostre proposte, abbiamo realizzato il backstage delle produzioni, videointerviste ai nostri designer, abbiamo fatto di tutto e di più, cercando di replicare quello che avremmo potuto fare durante il Salone. Ma non è stata la stessa cosa. Sembra molto poetico, aldilà dei fatturati. Vede, non vendiamo prodotti o beni di prima necessità. Si può stare seduti anche su una cassetta della frutta messa in verticale in caso di esigenza. Noi progettiamo passioni, emozioni, sogni, la capacità di realizzare spazi in cui la persona possa sentirsi realizzata e confortevole e ricavarne una migliore qualità della propria vita. Da sempre cerchiamo di unire il bello e il ben fatto alla funzionalità perché ci piace immaginare che i nostri prodotti vengano vissuti tutti i giorni, incorporando e tramandando le memorie di una vita. È vero, c’è un elemento poetico ma è questo che ha fatto la fortuna del nostro settore, spesso ce ne dimentichiamo. Torniamo alle origini? Il design è prima di tutto poesia, alla fine la funzionalità si può sostituire. Conta l’insieme, soprattutto per una azienda come noi che si è spostata dalla cultura dell’oggetto alla cultura del progetto. Lo diciamo anche nel libro che celebra i nostri 120 anni, la nostra azienda vuole mettersi al servizio di una progettazione di spazi architettonici completi e non solo di oggetti. Giorgetti non mette un prodotto all’interno dello spazio, ma disegna lo spazio all’interno del prodotto. Sembra un gioco di parole. Lo dico spesso: ci piace immaginare completamente lo spazio e accompagnare tutta quella parte immateriale per soddisfare i bisogni dei nostri clienti. Siamo un’azienda con un grado di personalizzazione incredibilmente alto, realizziamo spesso pezzi unici, ritagliati a misura dei nostri consumatori. Come si fa a sostituire tutto questo con il digitale? Non si deve sostituire, ma forse possono coesistere. Non è la stessa cosa. Noi ci siamo immaginati il profumo da trasmettere nell’aria condizionata dei nostri spazi perché ci piace pensare di poter stimolare in tutti i modi il nostro cliente, dalla vista al tatto, dato che i nostri prodotti sono belli da accarezzare. Ed è anche il motivo per cui il Salone rimarrà sempre una pietra fondamentale delle nostre strategie di comunicazione. Aldilà di marketing e comunicazione, durante il lockdown in tanti hanno ripensato i propri spazi e la propria idea di abitare. Da 123 anni Giorgetti immagina un prodotto con un’attenzione maniacale per il dettaglio, per l’ergonomia, per i materiali naturali che evidentemente trasmettono un comfort diverso. Non si tratta di ostentare un oggetto unico e irripetibile, ma di creare un oggetto unico e utilizzabile tutti i giorni. Questi mesi di nuove consapevolezze vi hanno portato a cambiare qualcosa? Per Giorgetti non è cambiato nulla, facevamo già prodotti per spazi non contenuti, anche perché, sono onesto, i nostri clienti solitamente non hanno problemi di spazio e dimensione dell’appartamento, hanno aree per isolarsi, zone adibite a studio, fitness, gioco, relax. Giorgetti ha presentato il calcio balilla da mettere in casa, ma anche il sacco da box per lo sport, per intenderci. Una novità per il Salone? Abbiamo iniziato a presentare i nostri nuovi prodotti in questi mesi, ma l’idea è rendere unica l’esposizione al supersalone come abbiamo sempre fatto da 59 anni a questa parte. Tra i prodotti, il mobile Houdini, realizzato con uno spirito di recupero dei valori di artigianalità che da sempre ci caratterizzano. Si tratta di pezzo che ha una difficoltà di realizzazione, pochi folli oggi si immaginerebbero di portare sul mercato mondiale un mobile versatile che raccoglie una sfida di sartorialità, sia nella realizzazione sia nell’interpretazione, all’interno degli spazi domestici dei nostri clienti. Houdini recupera la cultura dei segreti dei cassetti nascosti, richiama la tradizione ebanistica in un’epoca moderna. Una bella sfida, no? A chi affidare il testimone di questa intervista, per proseguire la chiacchierata? Sarebbe interessante lasciar parlare proprio il designer di Houdini, Roberto Lazzeroni. Visita la pagina dell'azienda