Sostenibilità Le nostre abitudini digitali, quanto consumano e come migliorarle Testo di Teo Sandigliano Aggiungi ai preferiti Navigare su internet, mandare una mail, fare una videochiamata, progettare un sito dinamico. Il mondo digitale consuma molta energia. Tocca a noi essere più responsabili. Quando si parla di sostenibilità i temi affrontati sono molti, dall’efficientamento dei sistemi di produzione fino al recupero di materiale di scarto, ma raramente parliamo del consumo energetico di internet e delle nostre abitudini digitali. Queste però, se calcoliamo l’impronta CO2 complessiva che hanno, equivalgono a una nazione, più precisamente, il web consuma poco meno di Cina, Stati Uniti e India, classificandosi come il quarto “stato” per emissioni. Per affrontare questo problema in maniera seria e costruttiva è necessario conoscere il tema e combattere la misinformazione. Per esempio, uno dei primi miti da sfatare è quello del “cloud”. Inteso spesso come una nuvola di dati che fluttua nell’etere, in realtà è semplicemente un insieme di data center composti da migliaia di server che consumano elettricità (per dare un’idea, quanto quindicimila abitazioni per centro, una piccola città), senza contare l’acqua necessaria per gli impianti di raffreddamento. Per di più, al fine di evitare interruzioni nel servizio date da possibili blackout o imprevisti, le server farm possono essere collegate a grandi batterie, simili a quelle delle auto, o generatori a diesel. In pratica, stiamo archiviando dati su computer lontani da casa che consumano moltissima energia per poter esistere. Anche il world wide web, che può sembrare un collegamento “astratto”, ha un hardware che si traduce in data center con migliaia di server collegati grazie a un’infrastruttura di cavi, spesso posizionati sul fondo dell’oceano, e router e switch, che permettono la trasmissione. Per dare un numero, nel 2020 erano attivi 900mila km di cavi sottomarini, pari a 22 volte la lunghezza dell’equatore. Tutto ciò ci permette di mandare un messaggio e fare una videochiamata “wireless”, ma ha un costo. Il problema, infatti, è che anche una mail consuma energia, per la precisione un messaggio di posta elettronica da 1mb emette circa 19 grammi di CO2. Le attività più inquinanti però sono il mining, cioè la produzione di moneta elettronica come il Bitcoin, e lo streaming di musica e video, quindi anche le call di lavoro in diretta. L’ultimo anno questo tema ha toccato anche il mondo del design (un esempio su tutti è il nuovo sito di Formafantasma) e al momento, per conoscere i propri consumi e intervenire, ci sono già svariati progetti e servizi a disposizione. Abbiamo cercato, quindi, di raccogliere una serie di consigli e spunti che possono aiutare a intraprendere un percorso di correzione dei propri consumi. Parlando di una mail, di cui abbiamo citato sopra le emissioni, anche l’archiviazione ha un costo energetico. Un consiglio è comportarsi come a casa e “fare la raccolta differenziata”: trovare del tempo per poter gettare le mail inutili, bloccare i contatti da cui non vogliamo riceverne, archiviare sul Cloud solo i materiali importanti di cui è necessario avere una copia. Un altro problema solo le riunioni online in diretta. Può essere frustrante non vedere il proprio interlocutore, ma con la telecamera spenta si risparmia il 96% di energia. Questo ci dovrebbe spingere a programmare in maniera più efficace le riunioni e anche le modalità con cui si svolgono. Altro tema fondamentale da affrontare nel mondo del progetto, visti i portfolio online, le pagine aziendali e i servizi di e-commerce, sono i siti internet. Prima di tutto bisogna scegliere un servizio di hosting green. I più conosciuti purtroppo non lo sono, ma The Green Web Foundation ha creato una directory con 334 compagnie da più di 26 paesi da cui poter scegliere. Quando si passa alla progettazione delle pagine, tutti i file multimediali caricati devono avere il giusto peso e dimensione. Un’immagine sovradimensionata consuma più energia (e più tempo) per il caricamento della pagina. Per lo stesso motivo bisognerebbe avere un codice HTML pulito e usare il linguaggio JavaScript il meno possibile. Anche la font conta, in questo caso meglio usare quella fornita dalla piattaforma, quindi già presente nel sistema, ma se proprio vogliamo averne una personalizzata è consigliabile utilizzare formati web moderni, come WOFF e WOFF2. Entrando sempre più nel tecnico poi, anche i CDN, Content delivery networks, che riducono la distanza a cui i dati si spostano ogni volta che viene caricata una pagina, possono essere di aiuto insieme al server caching, che evita che le pagine di un sito siano generate a ogni visita memorizzandone una versione statica. Se il sito è già pubblicato e online è necessario ricorrere ad altri strumenti, uno di questi è Website Carbon, un calcolatore digitale delle emissioni di carbonio dei siti web. Attraverso un algoritmo elabora diversi valori, dal traffico dati al consumo di energia durante il caricamento di una pagina, e consiglia alcune soluzioni per migliorare. Una di queste, da considerare solo dopo un’analisi dei consumi e un piano per la riduzione, è il carbon offsetting, cioè progetti paralleli al proprio business associati alla riduzione delle emissioni di CO2. Uno degli esempi più banali è quello della piantumazione che, però, dev’essere associata a una riduzione reale di emissioni per poter realmente fare la differenza. Come possiamo notare, la sostenibilità reale è legata a doppio filo con il mondo digitale e, esattamente come per i prodotti, dobbiamo imparare a essere dei consumatori più responsabili.