Storie Lo studio Hassell racconta un’architettura urbana più resiliente e sostenibile Testo di Vlatka Zanoletti Aggiungi ai preferiti Melbourne University’s Life Sciences building, ph. Earl Carter Spesso c’è un grande divario tra idee sostenibili, risorse e la realizzazione di un progetto edilizio; digitalizzazione, ricerca e condivisione delle conoscenze sono un modo per aiutare i vari settori a realizzare gli obiettivi mondiali di sostenibilità. Secondo lo studio internazionale di architettura Hassell, “ogni progetto deve esprimere empatia nei confronti della comunità e del paesaggio e dare un contributo civico, sociale e ambientale che sappia andare oltre il suo programma di base” Multidisciplinare, inclusive e fortemente impegnato nella transizione ecologica verso una maggiore sostenibilità urbana, lo studio di architettura Hassell pone al centro del suo core business l’esperienza umana. Nel corso dei suoi oltre ottant’anni di storia, lo studio, fondato nel 1938 ad Adelaide da Philip Claridge, Colin Hassell e Jack McConnell, ha ricoperto posizioni di primo piano in alcuni dei più importanti progetti di architettura in Australia, Cina, Singapore, Regno Unito e USA. Oggi lo studio è leader nell’introduzione di tecnologie rivoluzionarie nell’edilizia, nella promozione della ricerca e nella condivisione delle conoscenze con esperti del settore in senso più ampio, oltre a collaborare con le comunità locali e professionali per dare forma al futuro delle città, racchiudendo sempre l’empatia in tutti i suoi progetti. Melbourne University’s Life Sciences building, ph. Earl Carter Abbiamo parlato con Mark Loughnan, Titolare, Amministratore e Responsabile della progettazione, Sharon Wright e Ashley Munday, entrambi contitolari e responsabili della progettazione, e abbiamo chiesto loro di parlarci della prospettiva di Hassell di costruire un futuro resiliente e sostenibile, e della responsabilità e del potere del design di formare e promuovere un atteggiamento di consapevolezza ambientale, sia sulla Terra, sia nello spazio! Aspettiamo con curiosità la prossima intervista per sapere se intendano davvero spostare la sede dello studio su Marte, nell’ambito della collaborazione con la NASA per il suo 3D Printed Habitat Challenge internazionale. La bellezza è il nuovo lusso di oggi? Come cambia questa “nuova idea di bellezza” nelle varie parti del mondo, ed è proprio necessario che sia diversa? In realtà, spesso il lusso può essere l’antitesi della bellezza. La definizione che Hassell dà della “nuova bellezza” fa riferimento all’idea secondo cui il design può avere un grande impatto su tutti gli aspetti della nostra quotidianità. Il design ci connette e ci ispira, e può anche contribuire a coinvolgerci nelle problematiche del nostro tempo, comprese le lezioni che abbiamo tratto dalla pandemia. Ora più che mai riusciamo a comprendere l’importanza dell’ambiente, la necessità di resilienza e di un nuovo equilibrio tra lavoro e vita privata, e abbiamo anche acquisito un nuovo modo di apprezzare il valore del nostro ambiente edificato e le sensazioni che ci trasmette, il modo in cui ci sostiene e può aiutarci a fare esperienza del mondo e ad apprezzarlo in maniere diverse. The University of Queensland’s Global Change Institute, ph. Peter Bennetts Esiste un modo di creare un’architettura che sia al contempo rispettosa dell’ambiente e accessibile a clienti con possibilità economiche diverse? Certo! Se impariamo dalla storia e da culture diverse dalla nostra possiamo renderci conto che un’architettura rispettosa dell’ambiente non deve per forza essere economicamente inaccessibile. Spesso gli sprechi e gli eccessi derivano dalla ricerca ossessiva di un ‘lusso di facciata’ e dalla fretta di trovare soluzioni in poco tempo. Considerazioni semplici e passive per ogni progetto, come per esempio la ‘City Room’, lo spazio esterno riparato del museo Western Australia Museum Boola Bardip o una facciata a velo, come quella dell’edificio di Scienze della Vita del Global Change Institute dell’Università di Melbourne, che ripara l’interno dell’edificio dalla calura estiva, sono spesso le soluzioni più efficaci e praticabili economicamente, anche se ovviamente devono essere declinate in base al clima, al contesto in cui si inseriscono e all’uso finale dell’edificio. Quando presentate un progetto a un cliente, che influenza avete sulla scelta dei materiali e delle tecnologie impiegate per costruire un edificio? Potreste dire che sentite di avere la responsabilità di creare un edificio o uno spazio pensato per le generazioni future? Noi proponiamo e promuoviamo idee e proposte di progettazione in linea col brief che riceviamo dal cliente, e la scelta dei materiali e delle tecnologie è parte integrante del percorso. Si tratta sempre di raggiungere un equilibrio tra ambizioni, budget, tempistiche e posizionamento all’interno o al di là del mercato locale. È un viaggio collettivo, e tanto più aperta, allineata e trasparente è la progettazione rispetto alla realizzazione del risultato, quanto migliore sarà il risultato stesso. Tutto questo significa che dobbiamo essere capaci di pensare oltre la bellezza in senso estetico e l’idea di lusso, per poter essere solidi intellettualmente e tecnicamente. Spesso è proprio questa strategia minimale e intuitiva a produrre una bellezza intrinseca più duratura e in armonia col contesto. The University of Queensland’s Global Change Institute, ph. Peter Bennetts Nell’immaginario collettivo l’architettura è qualcosa di relativamente permanente; case ed edifici sono costruiti per durare nel tempo. L’aspetto della longevità dell’architettura rende più facile o più complicato sfruttare le nuove tecnologie e i materiali più sostenibili che oggi abbiamo a disposizione? Non sono caratteristiche come la permanenza o la longevità a rendere le cose più o meno facili. Si tratta spesso, piuttosto, di un problema di eccessiva specificità o complessità nel progettare l’infrastruttura di base o nel valutare la materialità di un edificio; è questo che può renderlo meno resiliente, flessibile e adattabile. Ci capita spesso di lavorare su edifici un po’ datati, non ben concepiti per il loro scopo originario, e di adattarli a un uso nuovo o maggiormente diversificato. Il rapporto tra il tessuto esistente e quello nuovo può dare all’edificio una qualità inaspettata, eppure evidente, ovvero quella di essere più sostenibile, più interessante e più unico rispetto a un edificio di nuova costruzione ottimizzato per un singolo scopo d’uso. Pensate per esempio a una centrale elettrica trasformata in galleria d’arte, o a un magazzino vittoriano riconvertito in appartamenti o uffici, o ancora un bagno pubblico in un seminterrato che diventa un night club dall’atmosfera intima. Direste che il compito di un architetto o di un designer non è solo quello di progettare edifici esteticamente belli, ma anche di stabilire connessioni tra le varie figure professionali coinvolte nella realizzazione di un progetto e la comunità a cui il progetto si rivolge? Un risultato o un edificio esteticamente piacevole suscita, tra le varie cose, un senso di coinvolgimento e di curiosità. A volte può essere totalmente inaspettato eppure apparire allo stesso tempo evidente e in qualche modo appropriato per il luogo in cui è inserito, per la comunità che lo usa e per il rapporto che ha con l’ambiente circostante. Costruire edifici e dare forma alle città è un lavoro complesso, un percorso che spesso necessità di capacità diplomatiche oltre che di leadership, collaborazione e creatività. È un percorso durante il quale i professionisti, le comunità locali, gli utenti finali, i finanziatori e le autorità stabiliscono un rapporto con il contesto e le persone, e che in ultima istanza ha lo scopo di diffondere ciò che è importante, fondamentale per un luogo e per chi lo abita, oltre all’idea o all’insieme di idee. Secondo noi è proprio questo tipo di processo a produrre una bellezza più longeva. WA Museum Boola Bardip, ph. Peter Bennetts Come si può applicare su una scala più ampia l’idea di costruire una casa con “quello che si ha sotto mano”? Nella vostra professione, qual è la proporzione tra materiali a chilometro zero e materiali importati? In futuro, dev’essere questo tipo di scelta a guidarci sempre di più. Idealmente, noi cerchiamo sempre di cominciare da ciò che abbiamo immediatamente a disposizione e di mantenere una dimensione locale per quanto umanamente e logisticamente possibile, perché riteniamo che questo debba essere uno dei parametri principali di un progetto. Ovviamente, per promuovere, sostenere e incoraggiare l’innovazione verso materiali sostenibili e rispettosi delle persone e dell’ambiente a livello locale e nazionale è necessaria una cultura della sperimentazione, che permetta alle piccole idee di farsi grandi e di prosperare. Un’altra domanda che ci si può porre è questa: come riciclare completamente i componenti di un edificio perché questo cambi totalmente forma? Per rispondere a questa domanda bisogna andare ben oltre l’idea di adattare e riconvertire un edificio esistente, e serve una serie di competenze delle più diversificate, da un’impresa di demolizioni all’ingegnere, all’architetto. Inoltre, è necessario che questa idea sia sostenuta da un mercato disposto ad investire in essa, e di una logistica completamente rinnovata nell’ambito dei settori del procurement, della progettazione, dello sviluppo e delle costruzioni. Che tipo di patrimonio architettonico (non in senso strettamente fisico) vi piacerebbe che lasciassimo in eredità alle future generazioni? Ci troviamo a una svolta fondamentale, un momento in cui la nostra professione, così come tutte quelle che in qualche modo sono legate al nostro ambiente naturale ed edificato, deve darsi da fare per garantire un futuro di resilienza e sostenibilità. L’edilizia è uno dei settori meno digitalizzati in assoluto, il che comporta un grande divario tra idee, approvvigionamenti e possibilità di realizzazione. Al centro del nostro lavoro c’è l’esperienza umana, il collegamento tra l’ambiente e il nostro modo di vivere a livello sociale e culturale. Inoltre è una questione di promozione di un atteggiamento, più che di creare soltanto edifici e spazi fisici. L’idea, o l’”eredità” che ogni progetto deve incarnare è quella di empatia con la comunità e il paesaggio, e di dare un contributo di carattere civico e sociale che possa andare oltre il programma di base di ogni singolo progetto. WA Museum Boola Bardip, ph. Peter Bennetts Mark Loughnan, Hassell Principal, Board Director and Head of Design, photo courtesy Sharon Wright, Hassell Principal and Head of Design, photo courtesy Ashley Munday, Hassell Principal and Head of Design, photo courtesy