Storie Maha Kutay e Wood Yao a proposito dell’eredità di Zaha Hadid e del design italiano Testo di Jessica Mairs Aggiungi ai preferiti Maxxi External view By Musacchio Ianniello & Pasqualini Appena tornati dal Salone del Mobile.Milano, dove hanno lanciato la borsa Fle.X, Maha Mutay e Woody Yao, che dirigono il comparto design dello studio Zaha Hadid, parlano del rapporto consolidato dello studio con i marchi italiani. Fle.X è una borsa di pelle unisex che può essere portata crossbody, a tracolla, come borsetta o come marsupio, ed è la più recente in una lunga storia di collaborazioni tra Zaha Hadid Design e i marchi del design italiani. Di questa storia, celebrata in parallelo ai progetti architettonici di Zaha Hadid in una mostra allestita da Zaha Hadid Architects al MAXXI di Roma nel 2017, a un anno dalla sua morte, fanno parte i rinomati design iconici per Alessi, B&B Italia e Cassina, per Bulgari, Fendi e Lasvit. “Date un’occhiata al nostro portfolio, e vi accorgerete che gran parte di esso ha un legame con l’Italia”, dice Maha Mutay. La borsa, disegnata per Up To You Anthology, una branca di Boffi che vanta collaborazioni con alcuni dei nomi più brillanti al mondo, rappresenta un proseguimento di questo legame, ma al tempo stesso un punto di svolta per lo studio. Come la borsa, che con la sua cinghia sinuosa e i dettagli curvilinei si adatta ai contorni del corpo di chi la indossa, il progetto punta a stabilire un rapporto più stretto con il cliente. Anche se il design ha costituito una buona parte della produzione dello studio fin dalla sua fondazione nel 1978, Zaha Hadid Design come entità separata è stata fondata nel 2006, con l’obiettivo di concentrarsi su moda, gioielli, arredi, installazioni e mostre sotto la guida congiunta di Woody Yao e Maha Kutay, entrati a far parte di Zaha Hadid Architects rispettivamente nel 1993 e 1995. Fino al lancio del marchio proprio dello studio con la Zaha Hadid Design Collection nel 2014, la divisione si è dedicata alla creazione di pezzi unici o di edizioni limitate, ma Yao e Kutay vedono nel lancio della borsa Fle.X, venduta direttamente al consumatore, e nella nuova piattaforma di e-commerce prevista per la fine dell’anno, un cambiamento in direzione di collezioni più accessibili. “Quel che vogliamo è una linea di prodotti che non siano specializzati su clienti di un certo tipo. Sono convinto che questo è ciò che vorrebbe Zaha” dice Woody Yao. FLE-X Bag, ZHD x Up To You Anthology Ph By Omar Sartor Siete appena tornati da Milano, dove avete lanciato la borsa Fle.X – mi può raccontare qualcosa del progetto con Up To You Anthology? WY: Il nostro rapporto con Boffi è ormai di lunga data –abbiamo cominciato con il progetto di cucina per uno dei nostri building residenziali a New York, che Boffi ha prodotto. A Boffi fanno capo diverse imprese, tra queste c’è Up to You Anthology – per la quale abbiamo disegnato questa borsa. Si sono rivolti a colleghi del mondo del design con i quali avevano collaborato alla progettazione di cucine, chiedendo se fossero interessati a proporre un progetto per una borsa. Non c’erano restrizioni sulla tipologia di borsa, e a noi l’idea è piaciuta, perché Zaha Hadid non è mai stata solo architettura, ma anche moda. Zaha è stata un’icona in molti campi. MK: L’idea di fondo dell’operazione è quella di eliminare gli intermediari. Non si tratta di un prodotto che passa dal grossista per essere venduto poi al dettaglio, ma di una collaborazione tra due imprese. E anche di un rapporto diretto con il consumatore. Il sito internet vende direttamente al cliente. Abbiamo lavorato ad altre collezioni di borse, ma nella maggior parte dei casi erano progetti interni al settore della moda, ciclici e stagionali. Nel caso di Fle.x l’idea centrale è più legata al design che alla moda, e l’obiettivo era dare vita a qualche cosa che parlasse più di noi che delle realtà con cui collaboriamo. Quello che conta qui non è la collaborazione, non il fatto che due marchi si uniscano, ma il nostro marchio e il nostro design. Pensiamo che il prodotto sarà più longevo. Non è un progetto stagionale, ma a lungo termine. Qual è l’idea dietro a questo design? WY: Ha molto a che vedere con la forma del corpo. La borsa può essere portata in molti modi. Io non la definirei tanto una borsa, quanto piuttosto arte o una scultura indossabile. Tutto dipende da come decidi di avvolgertela attorno al corpo – puoi portarla al collo, a tracolla, puoi farne una cintura. Volevamo anche giocare con la tridimensionalità della borsa, in questo senso la sua forma sinuosa accentua il fatto che non si tratta di un oggetto in pelle piatto, ma che ha un volume più marcato. Assomiglia un poco a un edificio di Zaha Hadid: lavora su una visione a 360 gradi. Il progetto Up To You Anthology dà seguito a una lunga storia di collaborazione tra lo studio e I marchi italiani. Vi avvalete spesso delle competenze e abilità artigianali dei produttori italiani. MK: La mostra che abbiamo fatto al MAXXI era focalizzata in particolare sul nostro rapporto con i marchi italiani. Date un’occhiata al nostro portfolio, e vi accorgerete che gran parte di esso ha un legame con l’Italia. A volte gli oggetti sono prodotti in Italia e venduti nel Regno Unito, a volte sono italiane sia produzione che distribuzione. Milano e l’Italia sono state sempre forti nel design, sempre impegnate a trasgredire le regole, reinventare gli oggetti. Inoltre, la nostra esperienza è che le ditte italiane sono sempre disposte a collaborare nella sperimentazione del nuovo. Sono disposte a fare quel passo in più che permette alla collaborazione con noi di dar vita a qualcosa di speciale. WY: Amano il design, sono aperte al design, non importa chi tu sia o da dove tu venga. È un processo di apprendimento in cui ci si sprona e potenzia a vicenda per creare il miglior prodotto possibile. Lo studio produce design fin dagli esordi, che cosa ha portato alla fondazione di un’impresa a sé nel 2006 2006? WY: La società è stata fondata nel 2006, in realtà però ci siamo occupati di design fin dal primo giorno. La maggior parte degli architetti desidera costruire, ma alla fine l’unica cosa che gli si permette di fare è l’allestimento di un temporary shop o qualche concorso divertente, e quello che davvero riescono a progettare sono prodotti. Se guarda ai primissimi progetti dello studio, non era nostro compito occuparci degli interni, ma quello che Zaha desiderava era progettare tutto: dentro l’edificio, fuori dall’edificio. Che ci chiedessero gli interni o meno, era un’altra questione! Per Zaha, il processo di progettazione significava proprio questo: non si trattava solo dell’esterno, ma dell’ambiente nel complesso, dell’atmosfera dell’edificio intero. MK: A un certo punto Zaha ha pensato che fosse giusto mettere l’impresa su basi solide, creando una società indipendente. La gestione di un’impresa che fa design è diversa da quella di uno studio di architettura, sono diversi gli approcci e le problematiche legali. Si trattava dunque di approfondire e imparare queste cose in una società indipendente dallo studio di architettura, di acquisire una propria identità per promuoversi meglio. L’ambiente era uno solo, uno solo lo studio, una sola l’esperienza di apprendimento, e Zaha era presente sui due fronti, lo studio di design e quello di architettura. L’unica differenza è che nel design si sviluppa un prodotto in tempi brevi, con un impegno molto più rapido e un risultato più istantaneo di quanto non avvenga nel campo dell’architettura. Cosa c’è nel futuro di Zaha Hadid Design? MK: Stiamo cercando di promuovere in particolare due settori della nostra attività. Da un lato c’è il nostro marchio, per il quale attualmente disegniamo una nostra collezione; poi ci sono le collaborazioni con altre imprese per la creazione di prodotti. Sul fronte della nostra collezione finora abbiamo avuto gli articoli per la tavola e per la casa, e ancora oggi puntiamo su questo. Attualmente stiamo rinnovando il nostro sito e la nostra piattaforma di e-commerce. Queste sono le cose su cui pensiamo di impegnarci per evolvere nel prossimo futuro. WY: Abbiamo fatto molte edizioni limitate e vorremmo concentrarci su – non direi sulla produzione di massa, ma piuttosto su prodotti essenziali per il mondo dell’architettura e del design. Stiamo sviluppando una sedia e un tavolo in collaborazione con un produttore di fama giapponese che si chiama Karimoku, e abbiamo avuto da poco un incontro in vista di una futura collaborazione con una ditta di illuminazione italiana. Vogliamo una linea di prodotti, che non si limiti ai una certa tipologia di clienti. Sono convinto che questo è ciò che vorrebbe Zaha. Maha Kutay & Woody Yao Portraits©Lasvit Come fate per continuare a lavorare nel solco di Zaha Hadid? MK: Woody e io siamo nello studio da un tempo ormai piuttosto lungo, e credo che la modalità con cui era gestita l’impresa quando c’era Zaha fosse quella di uno studio-laboratorio. Fondamentalmente noi siamo cresciuti con lei, abbiamo imparato da lei e grazie a lei. Di conseguenza l’ufficio ovviamente cambierà, il lavoro prenderà nuove direzioni, ma abbiamo la sensazione di una continuità di base. Zaha ci ha trasmesso quello che serve per portare avanti la sua impresa. Abbiamo un portfolio sterminato di progetti prodotti o sviluppati in passato e che continuano a evolversi, con i quali continuiamo a lavorare. Collaborare con Zaha allo sviluppo di un progetto significava che non ti potevi presentare con una sola idea o proposta, dovevi portarne un certo numero. E alla fine della giornata nulla andava sprecato. Tutte le idee venivano sviluppate. Se anche un’idea era scartata all’ultimo minuto, la si sarebbe poi ripresa e riutilizzata per altri progetti. Era come costruire una banca delle idee. Insieme abbiamo costruito una buona base per andare avanti e evolverci. E speriamo di farle onore – ai suoi progetti e alla sua eredità. WY: Cerchiamo di rimanere fedeli al nostro punto di partenza. 23 settembre 2021 Share