Manifestazioni Masquespacio: “Creiamo spazi per emozionare” Testo di Marilena Sobacchi Aggiungi ai preferiti Masquespacio Mas Creations, Ana Chris Portrait Colombiana, Ana, belga Christophe. La Spagna fu galeotta. Non solo emotivamente ma soprattutto professionalmente: Masquespacio è un mix armonioso di creatività e strategia marketing. Da qualche anno sulla cresta dell’onda. Si definiscono designer emozionali, Ana Milena Hernández Palacios e Christophe Penasse, il duo fondatore dello studio spagnolo Masquespacio. E, in effetti, i loro progetti hanno quel non so che, che sa di sentimento, sorpresa e vibrazione felice, pur – ci tengono particolarmente a sottolinearlo – adempiendo appieno ai requisiti di ordine e funzionalità richiesti dai clienti. Firma distintiva dello studio è la creazione di ambienti energici, colorati, che indulgono in un certo wow-effect: i loro spazi sembrano voler rompere con ordinarietà, convenzionalità e consuetudine, seppure non manchino citazioni colte al design del passato. Cromie vivide, un sapiente uso del color block, geometrie nette servono, anche e soprattutto, per dare un’impressione futurista ma, come sottolinea il duo, sono funzionali a declinare concetti differenti per ogni cliente. La strategia, di volta in volta adottata, è vistosa e allegra, ordinata e vitale e ha sempre un duplice obiettivo: raccontare una storia ed emozionare. Con loro abbiamo parlato di sperimentazione, storytelling, natura e di come i designer possono fare, oggi, la differenza. Masquespacio, Rubio Davanti ai vostri progetti si ha l’impressione di un design che fonde colore, forme e prospettive. Quasi una nuova forma di comunicazione che nasce da un approccio al progetto più sperimentale e quasi artistico. È così? Innanzitutto, attraverso ognuno dei nostri progetti, noi cerchiamo sempre di evolvere e di trovare soluzioni di design innovative. Il nostro approccio si potrebbe definire in parte sperimentale, anche se, per noi, il grado di sperimentazione dipende, tra le altre cose, dal tipo di committenza. È diverso lavorare a un progetto per una catena di hamburgherie come Bun o per un ristorante di nicchia, come La Sastrería. Quando lavoriamo per una brand commerciale, prediligiamo un approccio che sia fruibile dal pubblico di massa e cerchiamo di raggiungere un equilibrio tra la creazione di un’esperienza unica attraverso il design e l’attenzione per una fascia di clientela ben definita; mentre, quando progettiamo ristoranti d’alta gamma, scegliamo un approccio che è molto più incentrato sulla creazione di un nuovo linguaggio, che non segue le mode e che permette al consumatore di fare un’esperienza di un altro mondo. In questo caso, il design si esprime in maniera molto più artistica e sperimentale. Tuttavia, è vero che riteniamo che il design debba rappresentare una parte del processo di comunicazione; è un po’ come dare vita a un gesto d’amore ogni volta che si crea un nuovo progetto, dando forma a un nuovo universo a partire dall’identità del brand per il quale si lavora. Il fil rouge del vostro design è una geometria definita, una ricerca rigorosa, combinate con un sottile gioco di impatto delle forme tradizionali. Ci raccontate da dove nasce la vostra estetica? Cerchiamo di trovare un punto di contatto con il brand, in molti modi diversi, affinché questo possa essere la base su cui poggiare il nostro lavoro. Se lavoriamo per una brand che desidera espandersi rapidamente e concentrarsi su uno specifico target di clientela, generalmente basiamo la nostra strategia su una tendenza esistente, sebbene cerchiamo di farla evolvere per evitare di inserire l’ennesimo identico concept su un mercato già saturo. Questo ci permette di essere sempre innovativi e di differenziarci dalla concorrenza. Un altro approccio prevede di trovare il concept adatto al progetto sulla base di una specifica peculiarità del brand, per esempio uno dei prodotti che il marchio distribuisce, oppure l’antico quartiere in cui ha sede. In questo modo, siamo certamente molto più artistici e sperimentali e possiamo distanziarci dalle tendenze del momento. Ciò che ci rende unici è il nostro approccio che sa guardare al passato per proiettarlo nel futuro. La vostra personale e professionale Color Theory? I colori si possono mescolare liberamente, ma è importante non usare una gamma infinita di colori per il solo gusto di farlo. È necessario avere una comprensione profonda del brand per cui si lavora. Come dicevamo, lavorare per un ristorante di lusso o per un marchio commerciale di abbigliamento, che permette l’uso di una vasta gamma di colori, sono due cose molto diverse. Il segreto è fare molte prove, prendersi del tempo e sperimentare combinazioni diverse fino a raggiungere quella perfetta per il brand. Masquespacio Mas Creations, Set 12 Cookie Pot Family, Ball Pot Ceramic and Block Chairs E il vostro approccio alla materia? Anche i materiali fanno parte del processo di selezione della palette cromatica, perché ci piace dare spazio a diversi tipi di materiale e alle loro tonalità, soprattutto nel caso di materiali naturali che hanno colori che si prestano a far parte della palette del progetto, come per esempio le splendide nuance naturali del legno e della terracotta. Già da alcuni anni, si parla di empatia creativa (Mario Cucinella), progettare in armonia con la natura. Solo così gli edifici e gli oggetti avranno la capacità di instaurare relazioni e connessioni con i luoghi, con le persone, con gli eventi. Davvero i designer possono fare la differenza lavorando da dentro il sistema? Sì, il design può certamente fare la differenza. Noi designer dobbiamo considerarci educatori, nell’ambito della nostra professione, perché questo è l’unico modo per far evolvere il mondo e di conseguenza anche la nostra professione. Non si può pretendere che un banchiere si occupi di fare ricerca su come utilizzare i materiali riciclati, esattamente come non si può pretendere che noi designer ci occupiamo di gestione finanziaria. È una questione di educare le persone e fare in modo che comprendano l’importanza del design nella nostra evoluzione di esseri umani. Ma abbiamo davvero bisogno di altri oggetti? Per noi che ci occupiamo di design emozionale la risposta è ovviamente sì! Il nostro campo, e particolarmente il nostro lavoro, consiste nel dare alle persone nuove esperienze piacevoli, e nel suscitare un’emozione che permetta loro di distaccarsi dalla routine della vita quotidiana attraverso nuovi spazi e oggetti emozionali. Conseguenza della pandemia, è anche una rilettura e re-interpretazione del tema naturale: come lo affrontate nei vostri progetti? Già prima della pandemia si cominciava a osservare una tendenza a prediligere sempre più i prodotti che fanno bene alla salute e all’ambiente. Allo stesso tempo, ormai da qualche anno cerchiamo di integrare nel nostro design sempre più materiali e forme legati alla natura. Questa evoluzione nel nostro modo di pensare ha subito un’accelerazione con l’arrivo della pandemia e ci ha quindi portati a considerare questa tendenza come il “nuovo lusso”, una ricerca di natura, artigianalità e prodotti che siano rispettosi dell’ambiente in cui viviamo. Personalmente trovo molta poesia nei vostri lavori. Il design può essere poetico o cos’è la poesia per voi? Il compito del design è raccontare una storia attraverso la sua trasformazione in forma. Per noi che siamo interior designer questo non può prescindere dal raccontare una storia tramite lo spazio, non attraverso il messaggio, ma attraverso lo storytelling che sta alla base del progetto, una storia direttamente connessa al brand stesso, che possa evocare una forma di poesia tramite il suo uso dei materiali, dei colori, delle texture e delle forme. Masquespacio Bun, Milano Bligny Gregory Abbatedsc Masquespacio, Pukkel Masquespacio, Caballero Cosmica, CasaDecor Masquespacio, La Sastreria Masquespacio La Sastreria Masquespacio, Land Poggi Ugo Milan Masquespacio, Hikari 25 novembre 2021 Share