Storie Michael Anastassiades: “Sono attirato dalla luce, per natura.” Testo di Ana Dominguez Aggiungi ai preferiti Michael Anastassiades, Relay 1, photo courtesy Il designer e fondatore dell’omonimo brand si racconta, dall’impatto della luce nella sua vita di tutti i giorni al senso della bellezza di un oggetto. In conversazione con Michael Anastassiades Dici spesso di non considerarti un artista o un designer, ma semplicemente un creativo. Possiamo anche dire che, pur avendo progettato diversi mobili e oggetti, hai creato soprattutto prodotti per l’illuminazione? Sono attirato dalla luce, per natura. Ho esplorato le mie prime idee per la produzione industriale nel 2007, quando ho deciso di creare il marchio che porta il mio nome, concentrandomi sull’illuminazione. Nel 2011 ho iniziato a collaborare con Flos e negli anni successivi ho intrapreso un percorso prolifico, sviluppando per entrambi i brand le mie idee per il medium luce. Il marchio Michael Anastassiades rimane tuttora la piattaforma che mi permette libertà di espressione senza compromessi. Michael Anastassiades, photo Eirini Vourloumis Che impatto ha la luce sul tuo mondo? Non conosco essere vivente al mondo che non sia attratto dalla luce e dalle sue infinite manifestazioni in natura. Se nel mio lavoro sarò riuscito a creare un riferimento poetico a uno di quei fenomeni, mi potrò ritenere fortunato. La prima volta che ci siamo incontrati, esponevi alcuni prodotti molto interessanti a 100%Design. C’era Message Cup: una tazza che poteva contenere un messaggio da far ascoltare a chi la trovava sul tavolo (era la fine degli anni Novanta e nessuno aveva ancora uno smartphone!). Ma c’era anche una lampada che si accendeva solo nel silenzio. Erano oggetti clamorosi. Il tuo lavoro oggi mantiene in qualche modo lo stesso spirito? Sono sempre la stessa persona che ero quando ho progettato quegli oggetti. La luce “asociale” e la Message Cup esploravano la relazione psicologica tra l’utente e l’oggetto: continuo a interessarmi alla complessità di questo legame, anche se ora comunico in modo più sottile. Ricordo anche quando ci siamo visti nella tua nuova casa a South London. In quell’occasione accennasti al fatto che molte delle luci che avevi progettato nascevano dalla tua insoddisfazione rispetto a quello che trovavi sul mercato... è stata la motivazione che ti ha spinto a fondare la tua azienda? Ho sempre considerato la mia casa come un laboratorio dove esplorare le idee che mi vengono. Costruendola mi resi conto che molte cose che cercavo non esistevano, così decisi di iniziare a produrle io. Sì, questo è stato l’inizio del brand Michael Anastassiades. Michael Anastassiades, Take 3, photo courtesy Avere una tua azienda e progettare anche per altri brand sono due attività molto diverse? Si alimentano a vicenda? Sempre! Ogni marchio opera su diversi livelli di complessità creati da molteplici punti di vista. È bello ascoltare i punti di vista degli altri, ma poi io seguo sempre il mio istinto. Con il tuo lavoro hai creato un’estetica che rimane molto riconoscibile anche nel tempo: linee minimali e rigorose, austerità, geometria, astrazione, purezza... Da dove derivano questi elementi? Forse dall’influenza degli artisti minimalisti degli anni Cinquanta e Sessanta? Sono attratto dall’estetica minimalista perché è capace di trasmettere un’idea con la massima potenza, e può creare oggetti davvero senza tempo. Ho sempre ammirato le forme più semplici. Ti ho sentito dire che ti interessano le qualità umane del tuo lavoro, ma la geometria spoglia che contraddistingue i tuoi progetti suggerisce un mondo estraneo a esse. Puoi spiegarci come riesci a ottenere questo risultato? Le qualità umane possono esistere anche all’interno di “geometrie spoglie”. Le considero momenti delicati di fragilità ed equilibrio. Sempre in merito all’estetica, quanto è importante per te la bellezza di un oggetto? Tutto ciò che ci circonda può essere portatore di bellezza. Si tratta di mettere a punto diversi elementi, presentati in un determinato contesto. Flos, Coordinates, design Michael Anastassiades, photo courtesy Sembri avere una preferenza per materiali come il legno e il metallo. Dipende dalla tua volontà di creare pezzi senza tempo? Se è così, cosa credi che renda un certo design davvero “senza tempo”? Prediligo l’utilizzo onesto di materiali che comunicano bene quello che sono. I legni e i metalli sono capaci di invecchiare in modo meraviglioso nel tempo. Hai un particolare interesse per le nuove tecnologie relative alla luce? In che misura influenzano i tuoi progetti? La sfida è sempre trovare il modo più poetico di comunicare la luce. Le tecnologie nel settore illuminazione cambiano in continuazione, e la vera difficoltà sta nell’evitare la nostalgia. Bisogna invece arricchire le proprie conoscenze per trovare nuovi modi di mantenere intatta la poesia. La collezione String, per Flos, è molto interessante perché lascia che sia il cliente a creare la propria composizione finale. Ci sono designer che rimangono delusi da quello che fanno le persone quando sono lasciate libere di decidere: tu cosa ne pensi? Non ti dispiace che qualcuno possa finire per fare un uso che ritieni sbagliato di un progetto che hai lasciato in qualche modo aperto? Che effetto ti fa questa perdita di controllo? Dal momento in cui si decide di restituire un certo livello di creatività all’utente, bisogna essere preparati alle sorprese e ad accogliere una qualche imprevedibilità: il risultato finale può essere molto diverso da quello che avremmo immaginato o voluto. Ma le luci String erano basate proprio sul concetto di ridare libertà alle persone. La collezione Coordinates, sempre per Flos, invece è nata per il ristorante Four Seasons di New York, dove hai lavorato con Isay Weinfeld. Ti accade spesso di iniziare con un lavoro su commissione per poi produrre un design su scala industriale? È stato un progetto bellissimo, anche se di breve durata. Lavorare con Isay è stata un’esperienza straordinaria, anche perché mi ha dato assoluta libertà sul design. Il risultato ci ha permesso di creare anche un prodotto industriale: non accade molto spesso. Che cosa presenterai alla prossima edizione di Euroluce? Puoi parlarci di qualche nuovo progetto? Sono entusiasta di tornare a Euroluce, finalmente dopo l’ultima edizione del 2019. Sto lanciando quattro nuovi concept sotto il mio marchio, rivoluzionando i metodi di produzione che abbiamo seguito in passato, pur mantenendo la stessa filosofia. Gebrüder Thonet Vienna, N.200, design Michael Anastassiades, photo courtesy Kettal, Ringer, design Michael Anastassiades, photo courtesy Michael Anastassiades, Mobile Chandelier, photo courtesy Michael Anastassiades, Relay 1, photo courtesy 13 marzo 2023 Tags Illuminazione Share Vedi ancheAltri articoli Manifestazioni The Euroluce International Lighting Forum Sostenibilità I principi dell’architettura biofilica Salvatore Peluso Manifestazioni Highsnobiety e Salone del Mobile.Milano celebrano i Maestri del design Manifestazioni Quanto è importante il SaloneSatellite per un giovane designer? Alessandro Mitola