More-So, l’avventura di Moroso nel collectible design
Patrizia Moroso racconta nascita e futuro della divisione aziendale dedicata alla sperimentazione più libera. Limited editions nate dal dialogo fra design e altri mondi
More-So è stata lanciata ufficialmente a Design Miami Basel lo scorso settembre. Nell’infilata di gallerie internazionali di collectible design è comparsa, per la prima volta in assoluto, un’azienda: Moroso. More-So è, infatti, la sua nuova divisione interna, dedicata alla sperimentazione più libera, applicata al furniture, ma con un occhio all’arte. Patrizia Moroso – seconda generazione dell’azienda famigliare di Tavagnacco (UD), fondata nel 1952 da Agostino Moroso con la moglie Diana – è direttore artistico dell’azienda e co-direttore creativo di More-So assieme all’amico artista Ron Arad. Con lui è nata l’idea. Il nome, ideato da Arad, nasce giocando sulla storpiatura in inglese del nome Moroso, ma è anche una dichiarazione di intenti: il desiderio di creare un proficuo dialogo tra il design e la filosofia, la ricerca scientifica, l’arte e l’architettura. A Basilea, i primi frutti di questa avventura sono i pezzi dell’avveniristica collezione Design by Nature delle svedesi Front. Una serie di sedute imbottite, vasi e oggetti in legno. Un incontro tra botanica, creatività, tecnologia e artigianato che è stato sviluppato in oltre due anni di ricerca. Abbiamo ascoltato il racconto della genesi di More-So da Patrizia Moroso.
Con Moroso dagli anni ’90 ci siamo avvicinati al mondo dell’arte. Siamo stati sponsor tecnici di moltissime fiere e, nove anni fa, per i 60 anni del marchio, Martino Gamper ha realizzato per noi Metamorfosi, una serie di pezzi ibridi che accoppiavano alcuni nostri prodotti iconici, di autori diversi, per raccontare la storia e la filosofia dell’azienda. Un progetto stupendo, direi filosofico. I pezzi erano unici e sono parte del nostro archivio. Già lì c’era in luce il background di More-So. Io credo molto nella sperimentazione libera, molti dei risultati non hanno scopo di diventare prodotti ma creano la sinergia tra designer e azienda, aiutano a capire i meccanismi, a giocare per imparare. Ron mi ha sempre spronata a fare edizioni limitate o uniche, dice che se c’è un marchio industriale al mondo che può farlo quello siamo noi. È nel nostro Dna. E il progetto delle Front è stata occasione di dar vita a More-So, rispondeva perfettamente a questa idea. Ma, affinché la ricerca sia libera e sostenibile, More-So nasce come divisione indipendente che abbia un suo mercato, attraverso fiere e collaborazioni con gallerie.
Doveva essere un progetto da presentare alla design week di Milano del 2020, è nato pre-Covid. Ma nello sviluppo ci siamo resi conto che era interessante narrare l’elaborazione stessa del progetto. Le Front hanno realizzato una serie di pezzi di forme organiche attraverso un minuzioso studio dei boschi. Le sedute riproducono rocce e sono rivestite in un tessuto jacquard realizzato con l’antica tecnica degli arazzi di Gobelins ma partendo da scansioni 3D precise, passate al telaio in bassa risoluzione per toglierne la verità fotografica e conferire verità artistica. La natura è dunque la vera generatrice del progetto. Le designer hanno anche lavorato sulle forme particolari dei tronchi mangiati dai castori. Ceppi che, ingranditi di scala dimensionale, si fanno pezzi scultorei ma con possibile funzione di tavolini o portaoggetti. Un’altra ricerca si è indirizzata ai nidi di micro-vespe che si trovano in Svezia. Sono piccole architetture di soli 2 centimetri, che loro hanno trasformato in vasi di 30 centimetri. Questi pezzi unici, da collezione ma funzionali, sono così lo storytelling di un processo che darà poi vita ad alcuni prodotti industriali che presenteremo: un sistema di sedute, dalle forme più ‘asciugate’ e riproducibili industrialmente.
Sì, io e Ron Arad abbiamo una lista di nomi. Il prossimo potrebbe essere un artista.
Ci stiamo lavorando da anni. Noi siamo un’azienda che fa imbottiti e non è facile trovare i giusti fornitori. Credo occorra fare molta chiarezza. Non si può dire che un divano è realizzato con prodotti di origine vegetale se al massimo, per questioni di performance, si può aggiungere un 10% di questo materiale al poliuretano. E, se questo viene aggiunto, il poliuretano non è più smaltibile in seguito perché è stato mescolato con altre sostanze. Il PET è meglio, perché può essere riutilizzato moltissime volte, e nel riciclarlo, rispetto al vetro produce meno emissioni nocive e consuma minor energia. Per gli imbottiti ci sono molle di ultima generazione che abbiamo sperimentato, simili a quelle di un secolo fa ma di ultima generazione. Stiamo lavorando tanto su questo tema e facciamo tutto ciò che è fattibile, ma soprattutto, veramente ecosostenibile. Nel tessile, ad esempio, grazie anche alla spinta data dal mondo della moda, è molto più facile trovare materiali green. Tutti i nostri nuovi tessuti sono certificati. E ai designer diamo brief che rispettano dei canoni chiave, come il disassemblaggio, fondamentale per riutilizzare le materie. Dobbiamo dunque pretendere la sostenibilità, ma occorrono direttive chiare.
È vero! Molte gallerie vendono vintage, altre sono più sperimentali e lavorano con autori contemporanei, e sono loro il mio riferimento. Noi siamo una media impresa, industriale e artigianale assieme. E siamo gli unici ad aver intrapreso questa nuova strada. Ma ogni volta che incontro un artista per me è un dono. E More-So mi permette di superare i confini tra arte e design. Come, d’altronde, si faceva 100 anni fa, quando gli arredi artigianali avevano poi successo e cominciavano a essere prodotti in serie. L’arte è un cavallo selvaggio, il design è uno addomesticato.