Partecipare alle fiere è un investimento che ripaga
Uno studio Aefi dimostra il vantaggio competitivo ed economico delle aziende italiane che scelgono di aderire alle manifestazioni fieristiche. L’industria del settore è la quarta potenza al mondo
Partecipare alle fiere è un investimento che ripaga. Lo dimostra uno studio commissionato da Aefi (Associazione esposizione fiere italiane) a Prometeia, provider di servizi di consulenza, soluzioni tecnologiche e ricerca all'avanguardia, che per la prima volta ha stimato il vantaggio competitivo ottenuto dalle aziende che, fra il 2012 e il 2019, hanno creduto nelle fiere: 12,6 punti di crescita cumulata in più delle vendite, 0,7 punti di marginalità lorda (Ebitda) in più e +0,9% di Roi, rispetto a chi non ha partecipato. L’analisi è stata condotta su un campione di oltre 25mila imprese espositrici, responsabili del 13% della produzione nazionale, confrontate con realtà simili che non partecipano a manifestazioni fieristiche.
Il sistema fieristico italiano, con i suoi eventi nazionali e internazionali, che spaziano dall’oro ai motori, dal design al cibo, è da sempre tra i principali alleati del made in Italy. Genera un impatto sul territorio, fra servizi, trasporti, ospitalità e stipendi, di circa 22,5 miliardi di euro l’anno di produzione, per un valore aggiunto stimato in 10,6 miliardi di euro, pari allo 0,7% del Pil. L’industria fieristica è un moltiplicatore di business, ma anche di turismo d’affari alto-spendente, di servizi specializzati e di posti di lavoro che coinvolge 203mila occupati, se si considerano anche gli impatti indiretti e l’indotto. Aefi, che esprime quasi il 75% del fatturato del comparto, conta 48 associati, con 42 quartieri dove si svolgono oltre 1.000 manifestazioni all’anno su una superficie espositiva totale di 4,2 milioni di metri quadrati, e 8 organizzatori. 200.000 le imprese rappresentate, 20.000.000 gli operatori provenienti da tutto il mondo.
“I numeri che emergono dallo studio Prometeia confermano come quella italiana sia la quarta industria fieristica al mondo che svolge un ruolo sia di incubatore naturale di business per i distretti industriali, sia di leva di indotto ad alto valore aggiunto in favore dei territori”, commenta il presidente di Aefi, Maurizio Danese. “Ora, dopo anni difficili causati dalla pandemia, il sistema punta sul rinnovamento: è una fase cruciale per superare la frammentarietà attraverso alleanze strategiche fondate sui prodotti, salvaguardando i territori e il valore aggiunto generato sugli stessi; un percorso che vogliamo fare anche attraverso la costituzione di un tavolo con il Governo per l’attuazione di un piano fieristico nazionale condiviso” .
Ogni anno, il sistema fieristico impegna decine di migliaia di imprese del made in Italy in grado di performare sette volte meglio rispetto al totale dell’economia italiana (+2% vs +0,3% la crescita media annua del fatturato dal 2012 al 2019). L’analisi d’impatto, mai così ampia grazie alla rilevanza numerica del campione, che ha dimostrato per la prima volta il ritorno di investimento delle aziende partecipanti alle fiere, ha confrontato le performance delle imprese nelle varie filiere produttive. Le aziende dell’agroalimentare, che partecipano alle manifestazioni, hanno realizzato il “premio” maggiore in termini di extra-crescita dell’attività, +20,5%. Ma anche nei settori produttori di beni intermedi, come la meccanica, si registrano benefici superiori alla media, +14,4%.
Secondo lo studio di Prometeia, il valore della produzione delle fiere italiane si attesta a 1,4 miliardi di euro, con 3.700 addetti diretti, circa 200 manifestazioni internazionali e oltre 220 nazionali, organizzate ogni anno, per un totale di 12,6 milioni di visitatori – che salgono a 20 milioni con gli eventi locali (dati Aefi). Un sistema fieristico, secondo in Europa dietro a quello tedesco, colpito duramente dai lockdown, con una perdita del 63% di fatturato nel 2020, ma con un ruolo importante per l’economia italiana. Il comparto, infatti, attiva direttamente un valore della produzione pari a 8,9 miliardi di euro a cui corrispondono 4,3 miliardi di euro di valore aggiunto e 96mila addetti, che salgono a 22,5 miliardi di produzione, 10,6 di valore aggiunto e 203 mila occupati, se si considerano anche gli impatti indiretti e gli indotti. D’altronde, in Italia, le fiere operano con un moltiplicatore di 2,4: ogni euro di valore aggiunto generato direttamente dal sistema fieristico, da espositori, organizzatori e visitatori, ne produce ulteriori 1,4 nell’economia nazionale. Guardando all’occupazione del settore, il moltiplicatore si attesa a 2,1, con ogni posto di lavoro diretto del sistema a sostenerne altri 1,1 in Italia.