“Portrait of my sister as an artist”
All’Auditorium del Macro: il film di Judith Du Pasquier racconta la sorella Nathalie Du Pasquier
Dopo la Mostra Campo di Marte definita come uno spazio immaginario dove la realtà è guidata dalla fantasia, Il Macro di Roma ha ospitato giovedi 30 settembre 2021, nella sezione AGORÀ, la proiezione di “Portrait of my sister as an artist” un film realizzato dalla regista Judith Du Pasquier sulla sorella, l’artista e designer francese Nathalie Du Pasquier, la più giovane del gruppo Memphis dedicata alla pittura ed al mondo del design dal 1987.
Un documentario delicato che racconta l’arte di Nathalie e la realizzazione delle sue opere. Un racconto caratterizzato principalmente da immagini e musica, ma anche da silenzi e spazi di riflessione dove protagoniste, oltre le opere, sono le conversazioni informali tra due sorelle che non hanno bisogno di giustificare la folle energia che emana la pellicola, né la straordinaria evoluzione del lavoro di una grande artista. Attraverso otto capitoli, Judith “dipinge” con uno sguardo intimo e familiare un ritratto insolito e suggestivo della sorella che lei stessa definisce una bambina che gioca con i colori e le costruzioni, un’artista che trasforma tutto ciò che tocca in una fonte di gioia visiva, una donna implacabile che non si ferma mai, un’enigmatica sorella maggiore filmata per dodici anni, per un excursus di una selezione di opere d’arte che va dal 2009 al 2020.
Da “Still life” il capitolo iniziale del film, dove Nathalie modifica oggetti per creane di nuovi da lei definiti “nature morte” si passa al concetto di astrazione, che per l’artista è legato ad una propria “inner confusion”. Dalle “Cabins” “Cabine” progettate anche per le esposizioni newyorkesi, ai “Booklet, bricks, tiles” ovvero i “libretti, mattoni, piastrelle” che diventano materie prime, oggetti, strumenti fondamentali per le creazioni dell’artista. Dall’opera “Spaces between things” nel capitolo 5 intitolato “Combinations”, fino agli scaffali da riempire come le pagine dei libri, Nathalie Du Pasquier unisce cose che raccontano storie diverse.
Non si stratta solo di dipingere dunque ma dare una vera vita alle proprie idee. Infatti, come ha spiegato la regista Judith Du Pasquier: “Per Nathalie esistono solo questioni di forma. Nessun significato, nessun discorso, se non riguardo la forma. Per l’osservatore è un’esperienza di sola percezione, di puro piacere senza parole e che non necessita di alcuna spiegazione. Tutto ciò che fa, da 30 anni è diventato materia prima, “cose” da ricombinare, da risistemare insieme. Crea delle relazioni sempre più grandi tra elementi: dopo le relazioni tra oggetti all'interno del quadro, ora è tra le opere e al livello dello spazio espositivo che si gioca. Trasforma il luogo dell’esposizione in una serie di camere tutte sue, installazioni dai colori vivaci, chiari, eleganti, allegri, forti: una potente poesia che emana un senso di libertà”.
Un lavoro lungo ed accurato, seguito con pazienza e accuratezza come ci racconta ancora Judith Du Pasquier: “Di solito sono abituata a filmare gli artisti, amo riprendere soprattutto pittori, ne ho filmati tantissimi e Nathalie per me è molto misteriosa, credo la più misteriosa di tutti, forse perché è mia sorella o perché l’ho vista dipingere sin da quando ero adolescente. La cosa più interessante di questo lavoro è stato vedere le sue opere cambiare ed evolversi in modo così evidente da diventare tanto importanti. Ho avuto questa incredibile possibilità di potere filmare mia sorella, è stato un piacere immenso e sono stata felice di mostrare tutta la mia ammirazione nei suoi confronti. Nel film c’è una certa tenerezza che si percepisce e che viene fuori proprio dal nostro rapporto, in maniera molto discreta. Penso di conoscere Nathalie molto bene e questo mi ha aiutato molto durante il film, perché ho passato tante ore negli studi con lei in questi anni. A volte mi sembrava molto strano perché venivo per fare le riprese e non avevo la sensazione di stare realizzando un film. Di solito girare un film è una cosa “solenne” dove sei molto concentrato, io ero certamente attenta, ma mi è sembrato familiare ed è stato tutto molto facile, tranne la parte dell’editing, quella è stata la più dura e mi ha richiesto molti mesi”.