Storie Thijs Biersteker Testo di Marilena Sobacchi Aggiungi ai preferiti Photo by Edouard Caupeil Si chiama Thijs Biersteker ed è il digital artist più cool del momento: crea awareness art sulle questioni più scottanti di oggi, come cambiamento climatico, deforestazione e inquinamento Thijs Biersteker è tante “cose”. Sicuramente un visionario, altrettanto sicuramente un artista e un (interactive) designer. Ma anche un poeta. E, senza ombra di dubbio, un moderno guerriero. Si può sintetizzare così l’anima poliedrica di questo eco-artista olandese – lui preferisce definirsi awareness artist – che usa le tecnologie digitali per dare voce alla natura e rendere evidente come i nostri comportamenti sbagliati incidano in modo negativo sull’ambiente e sul clima. Le sue opere fondono arte e tecnologia, parlano di rispetto dell'ambiente e gettano uno sguardo al futuro. Sono installazioni interattive e coinvolgenti in cui Thijs miscela sensori, scanner ad altissima risoluzione, ologrammi, visori e realtà aumentata con elementi spesso naturali come alberi, nebbia o oggetti analogici tangibili. L’unicità della sua arte sta nell’interpretazione del messaggio che l’opera porta con sé. Altri performer lasciano lo spettatore libero di decodificare il racconto dell’opera, mentre il messaggio di Biersteker è forte e chiaro fin da subito. L’immaginazione si sviluppa non sul significato dell’installazione, ma sulle implicazioni che questo messaggio avrà nella nostra realtà. L’enfasi è posta sempre sull’Eco e mai sull’Ego. Due esempi. Una delle sue ultime nate è Symbiosia, presentata alla Fondazione Cartier a Parigi, insieme al neurobiologo vegetale Stefano Mancuso e dedicata al climate change. Protagonisti sono due alberi – un ippocastano e una quercia turca – che “raccontano” in tempo reale quello che succede dentro di loro. Lo fanno grazie a sensori che rilevano la loro reazione all’inquinamento acustico e dell’aria. La prossima installazione Pollutive Ends, a Chengdu, nasce, come sempre, da un fatto che lo riguarda. Chi non ha buttato almeno una volta nella vita un mozzicone di sigaretta a terra? Oggi, possiamo misurare l’impatto di quel mozzicone, in particolare in Cina, dove tre milioni e mezzo di persone fumano (2.3 trilioni di sigarette fumate in un anno – dati della World Health Organization), e il 67% di queste sigarette finisce nella natura. Dalle ricerche emerge che un solo mozzicone di sigarette inquina 150 litri di acqua e, in un’ora, un solo litro di questa acqua è in grado di uccidere il 50% degli organismi marini con cui entra in contatto. In Pollutive Ends, l’acqua “inquinata” viene pompata all’interno di un reticolo di tubi trasparenti in quantità corrispondente al numero di persone presenti in quel momento nella stanza. Il messaggio è sconvolgente ma Thijs riesce sempre a esprimerlo in maniera poetica per avvicinare il discorso sull’inquinamento e il cambiamento climatico alle persone, che spesso si sentono piccole e impotenti di fronte a una questione così vasta e complessa. https://thijsbiersteker.com/ Per il nostro pubblico che non conosce bene il tuo background e le tue opere, ci puoi raccontare qualcosa della tua storia e delle tue ispirazioni? Ciao, mi chiamo Thijs Biersteker, sono un digital artist olandese che crea awareness art sulle questioni più scottanti di oggi, come cambiamento climatico, deforestazione e inquinamento. Praticamente trasformo i fatti quotidiani in emozioni. Lavorando con scienziati, università o leggendo rapporti di ricerche, spesso trovo notizie astratte e sconvolgenti su questi argomenti urgenti che mi spingono a creare le mie opere. Mi sono dedicato a trasformare questi fatti in installazioni d’arte tangibili e che tocchino il pubblico da vicino creando esperienze. In questo modo cerco di smuovere le emozioni più profonde dello spettatore, sperando di incitarlo a fare qualcosa. Penso che l’arte giochi un ruolo vitale nel cambiamento che dobbiamo operare nell’approccio dell’uomo verso la natura e le grandi sfide che ci aspettano. Il tuo lavoro si posiziona tra tecnologia, arte e scienza. Da dove nasce questo approccio? Qual è oggi il valore della transdisciplinarità nell’arte contemporanea? È vero che l’innovazione nasce quando l’arte incontra la scienza? Non vedo il mio mix tra tecnologia, arte e scienza come un approccio specifico. Voglio mostrare l’ignoto che dovrebbe essere noto. Rivelare cose che non si vedono. I fatti scientifici sono un po’ il mio carburante, la tecnologia e i sensori il mio modo di gettare un ponte tra me e lo spettatore, si può interpretare un po’ come la mia pittura. Mi piace creare opere interattive, coinvolge le persone a livello profondo, senza la loro presenza le opere non esistono. Qual è oggi il valore della transdisciplinarità nell’arte contemporanea? La transdisciplinarità nell’arte contemporanea è una piccola nicchia ad oggi, in particolar modo se si lavora nell’awareness art o nella climate art come me. Ma penso che, beh ... spero nasca dalla necessità di spingersi verso una visione del mondo più simbiotica, rispettosa degli ecosistemi, che dà luogo a uno sforzo collaborativo per raggiungere uno scopo maggiore. È vero che l’innovazione nasce quando l’arte incontra la scienza? Arte e scienza si incontrano ancora una volta, durante l’illuminismo (seguitemi) arti e scienza erano considerate la stessa cosa, in quando costruivano i mattoni della società e i fondamentali secondo cui viviamo ancora oggi. Io sono tutor alla Delft Technical University, e vedo che all’inizio scienziati e artisti approcciano le tematiche con la stessa meraviglia. Poi lo scienziato prende la strada dettata dalla ricerca e noi artisti iniziamo a seguire il percorso emozionale. Mi piace lo spazio dove ci incontriamo di nuovo verso la fine, e facciamo qualcosa di coinvolgente dal punto di vista emotivo ed educativo. La vita degli alberi trasformata in un flusso di dati, rifiuti di plastica che "ballano" seguendo i nostri movimenti, tubature piene d’acqua inquinata da fumo di sigaretta. Le tue ultime installazioni (Symbiosia, Plastic Reflectic e Pollutive Ends) parlano delle conseguenze del cambiamento climatico sulla nostra vita. Pensi che l’arte abbia il potere di cambiare il mondo? Molti dei disastri ecologici che avvengono oggi sono difficili da immaginare, appaiono enormi e distanti, o si verificano in luoghi non visibili al nostro occhio, nel mezzo dell’oceano o nella foresta pluviale. Voglio trasformare questi problemi complessi in esperienze verso le quali ci si può rapportare. Se con uno di questi temi riesco a dare un’esperienza personale allo spettatore, potrebbe creare empatia, che può dar luogo ad attivismo, che potenzialmente alla fine contribuisce al cambiamento. Da tantissimo tempo gli scienziati cercano con fatica di presentare i loro fatti, noi in qualità di artisti, scrittori e narratori avremmo dovuto unirci a loro fin da quando è stata trovata la prova del cambiamento climatico negli anni ‘60. Abbiamo dei fatti, ma il cambiamento potrà venire solamente dall’immaginazione e dalle emozioni che si sviluppano intorno a questi fatti. Ci puoi dire qualcosa del tuo “storytelling” e del linguaggio che usi? Dedico tanto tempo alla costruzione della narrativa quanto all’esecuzione dell’opera. Potrebbe sembrare strano ma penso che quando si trattano certe questioni in un attimo le cose possono sfuggire di mano o diventare tragiche. Mi piace creare un mondo che posso rendere personale e che ci permetta ancora di cambiare le cose, dove non ci si lascia andare solamente alla tristezza, ma ci si sente abbastanza forti da agire. Il linguaggio che uso nella mia arte offre un punto di partenza chiarissimo da cui l’immaginazione può iniziare a viaggiare. Quali sono le principali sfide che affronti nel tuo lavoro? Cerchiamo sempre di lavorare per produrre le opere nel modo più sostenibile e consapevole e di farlo sempre meglio. Bisogna fare i conti con il fatto che qualunque azione avrà un impatto negativo sul mondo in un modo o nell’altro. Ma dopo tutti questi anni noi, il mio studio Woven e io, abbiamo imparato moltissime cose in materia e produciamo le opere nel modo migliore possibile, tenendo conto dell’impatto, dello smontaggio e della circolarità dei progetti. Stiamo iniziando a ricevere molte richieste da musei e architetti per aiutarli a curare e creare opere sostenibili, circolari, che non impattino negativamente sul mondo come le mostre di opere normali. Cosa hai in serbo per il 2020? Abbiamo appena aperto Woven Studio, il nostro digital studio sostenibile, per aiutare musei, architetti, città e brand a creare esperienze significative e sostenibili… È un passo lungo, e sono estremamente emozionato. Stiamo lavorando a una nuova opera sulla deforestazione in Amazzonia, e stiamo parlando con degli scienziati in merito a grossi progetti di ricerca a cui lavorano da anni e vogliono portare all’attenzione pubblica in modo che raggiungano davvero le persone... E mi piacerebbe farlo sempre più. Pollutive Ends Pollutive Ends Plastic Reflectic Plastic Reflectic Symbiosia Symbiosia Voice of Nature Voice of Nature Voice of Nature 21 ottobre 2019 Share