Storie Vico Magistretti, l’architetto milanese tra modernità e tradizione Testo di Patrizia Malfatti Aggiungi ai preferiti Veduta dell'allestimento © Triennale Milano - foto Gianluca Di Ioia A Milano due mostre celebrano i 100 anni di uno dei Maestri indiscussi del design italiano. Metodo e semplicità la sua cifra creativa. Carisma e ironia i tratti della sua personalità. “Nella mia vita avrò fatto cinquanta sedie circa, di queste ne resteranno forse dieci, ma se non le avessi fatte tutte cinquanta non avrei fatto neanche quelle dieci. Alla fine quello che conta è la fatica, il lavoro, l’attenzione, il non essere mai contenti”. Vico Magistretti era proprio questo: un gran lavoratore appassionato della sua materia, rigoroso, esigente e determinato, nonché curioso e innovativo. Un architetto, un designer e, soprattutto, un uomo, fortemente carismatico, sensibile e ironico. E con le sue peculiari predilezioni, come quella per i calzini e i maglioni rossi. Due mostre – già in programmazione lo scorso anno in occasione del centenario della nascita, ma rimandate causa pandemia – gli rendono ora il doveroso omaggio, ricostruendo i sessant’anni di intensa attività, premiata con il Compasso d’Oro alla carriera nel 1994. Lo Studio Magistretti negli anni '90 © Archivio Studio Magistretti - Fondazione Vico Magistretti Vico Magistretti – il vero nome era Ludovico – nasce nel 1920 a Milano da una famiglia borghese, impegnata nel campo dell’architettura da varie generazioni. Iscritto ad Architettura al Politecnico di Milano, negli anni della guerra prosegue gli studi a Losanna, dove è rifugiato, per poi tornare nella sua città e laurearsi nel 1945. Inizia subito l’attività professionale, insieme a Paolo Chessa, presso lo studio del padre Pier Giulio – che viene a mancare proprio in quell’anno. I locali in via Conservatorio rimarranno il suo pensatoio per tutta la vita, fino alla scomparsa nel 2006, e i custodi della sua memoria, trasformati nella sede della Fondazione a lui dedicata, vero e proprio museo dedicato alla divulgazione del suo lavoro. Qui, dal 18 maggio, è visitabile la mostra “Magistretti Revisited”, a cura di Rosanna Pavoni con Margherita Pellino, ispirata al gioco delle scatole cinesi. Milano è la prima scatola, amata, criticata e ammirata dalle finestre dello studio – la seconda scatola – così piccolo da far intuire fin da subito il rigore del suo metodo di lavoro. Ultima box, il ricchissimo archivio, consultabile da tutti al portale archivio.vicomagistretti.it. Milano-studio-archivio sono raccontati attraverso i disegni e gli oggetti del Maestro in un allestimento tra ricostruzione filologica e reinterpretazione dell’atmosfera originale. Studio notarile Guasti in piazza Ferrari, Milano 1947 (con P. Chessa) © Archivio Studio Magistretti - Fondazione Vico Magistretti La monografica “Vico Magistretti. Architetto milanese” – fino al 12 settembre presso la Triennale di Milano, con la collaborazione della Fondazione Vico Magistretti, la curatela di Gabriele Neri e l’allestimento di Lorenzo Bini/BINOCLE – vuole rendere omaggio al genio creativo, ai suoi esordi avvenuti proprio in questi ambienti, dove ottenne i primi riconoscimenti: nel 1946, infatti, espone alla mostra della R.I.M.A. (Riunione Italiana per le Mostre di Arredamento) e, successivamente, partecipa a diverse edizioni della Triennale di Milano, tra cui la VIII, la IX (Medaglia d'oro) e la X (Gran Premio). Una retrospettiva che raccoglie disegni, schizzi, modelli, fotografie, prototipi e pezzi originali provenienti non solo dall’archivio Magistretti, ma da aziende, istituzioni e privati. Una full immersion nel mondo di uno dei padri del design italiano che, per la prima volta, ne assomma l’opera omnia, dai pezzi di design per le principali aziende del Made in Italy – Artemide, Campeggi, De Padova, Flou, Kartell, Oluce e Cassina (main sponsor) – ai progetti di architettura. “Semplicità, eleganza e genio”, afferma Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano “sono le tre grandi componenti nel DNA progettuale di Vico Magistretti, tra i principali artefici di quella storia straordinaria che, dal secondo dopoguerra, grazie al fecondo dialogo tra progettisti e imprenditori illuminati, ha proiettato il design italiano da Milano nel mondo intero”. Il design semplice era la sua cifra stilistica, inteso non come mancanza di decorazione ma come “decorazione sovrapposta”. “Perché io”, diceva “sono in grado di dirlo al telefono? Perché sono concetti. Semplici, forti, chiari”. Il suo è, infatti, il linguaggio della chiarezza e dell’intuito, che ha fatto dei suoi innumerevoli pezzi degli evergreen, compartecipi della modernizzazione del gusto dell’abitare. Ingresso della mostra © Triennale Milano - foto Gianluca Di Ioia Se i suoi oggetti sono conosciuti in tutto il mondo – dalle lampade Atollo ed Eclisse ai divani Maralonga e Raffles, dai tavoli Demetrio e Vidun alle sedute Selene e Maui ai letti Nathalie e Tadao fino alla libreria Nuvola Rossa – i progetti architettonici lo sono sicuramente meno, ma non per questo di minor rilievo. Tra i tanti, nella Milano che ha aiutato nella ricostruzione post-bellica, realizza molti interventi per l’INA-Casa e partecipa all'impresa collettiva del QT8 (Quartiere Triennale Ottava) con Mario Tedeschi, con cui firma anche la Chiesa di Santa Maria Nascente nello stesso complesso (1947-55). Seguiranno, poi, la Torre al Parco in via Revere (1953-56, con Franco Longoni), il palazzo per uffici in corso Europa (1955-57), le torri di piazzale Aquileia (1961-64), l’edificio per abitazioni, uffici e negozi in piazza San Marco (1966-1973), di cui diceva “un’altra casa che a me piace, ma molta gente la detesta, è quella di piazza San Marco… quel casone grande”, e il Quartiere Milano San Felice, con Luigi Caccia Dominioni (1967-75). E, poi, gli edifici per lo svago della borghesia, dal Golf Club di Carimate (1958-61) alle Case Arosio ad Arenzano (1956-59) e Bassetti ad Azzate (1959-62). Poi, i progetti pubblici: il Municipio di Cusano Milanino (1966-69), la Facoltà di Biologia dell’Università di Milano (1978-81), il Deposito MM Famagosta a Milano, (1989-2000) e, a Tokyo, Casa Tanimoto (1985-86). Veduta dell'allestimento © Triennale Milano - foto Gianluca Di Ioia Uomo di gran conoscenza, Magistretti è una delle figure più rappresentative della cultura progettuale della seconda metà del Novecento, aperto e in contatto con la scena internazionale: a fine anni Settanta è visiting professor al Royal College of Art di Londra – tra i suoi allievi Konstantin Grcic e Jasper Morrison, presenti in mostra con uno speciale “omaggio a Vico” – diventandone, nel 1983, membro onorario; e nel 1986 riceve la medaglia d’oro dalla SIAD (Society of Industrial Artists and Designers), organizzazione internazionale con sede a Londra. Completa la monografica il catalogo a cura di Gabriele Neri, con progetto grafico dello studio Norm ed edito da Electa, che offre ulteriori approfondimenti teorici, un ricco apparato iconografico, testi istituzionali e le testimonianze di studiosi, progettisti, amici e allievi di Magistretti. Disponibile in italiano e inglese. Magistretti Revisited Fondazione Vico Magistretti 18 maggio 2021 - 24 febbraio 2022 Visite solo su prenotazione. - www.vicomagistretti.it Vico Magistretti. Architetto milanese Triennale di Milano 11 maggio - 12 settembre 2021 www.triennale.org