The Noguchi Museum: una casa per il modernista nomade
Nel 1961 Isamu Noguchi trasloca dal Greenwich Village a Long Island City e comincia a costruirsi un museo dove esporre le proprie opere e, soprattutto, esprimere compiutamente una visione
Aggiornato il 10 luglio 2023. Ci sono artisti che scelgono di disertare il campo dell'identità e si stabiliscono in un territorio altro, affascinante e necessario, ponendosi sotto il segno dell'inafferrabilità: tra loro c’è Isamu Noguchi. Nippo-americano, fu scultore, architetto, paesaggista, designer, scenografo. Lavorò ogni materiale dalla carta all'osso al cemento. Viaggiò e visse in tutto il mondo. Stabilì vari studi a presidiare le aree fondamentali della sua biografia e della sua ispirazione - gli USA, il Mediterraneo, il Giappone. Continuò incessantemente a dislocarsi, a esplorare e sintetizzare, a deterritorializzarsi come avrebbero proposto Gilles Deleuze e Felix Guattari. Un dislocamento tanto ridotto nell'arco spaziale quanto decisivo nella parabola creativa ed esistenziale è lo spostamento, nel 1961, dello studio dal frenetico Greenwich Village, centro artistico e bohemien di Manhattan dove si stava costruendo la controcultura sixties, all'allora remota e fatiscente Long Island City nel Queens, oggi ipergentrificato quartiere con la più elevata densità di spazi artistici di tutta NYC. Noguchi trova il luogo adatto in un magazzino che offre i suoi vasti open space per lavorare sulle sculture a larga scala e ci installa anche uno spazio abitativo. Nel 1974 acquista l'edificio triangolare in mattoni rossi d'angolo al lato opposto della strada che sarà spazio museale. Appena il progetto si precisa, Noguchi annette anche la pompa di benzina adiacente e la rade al suolo per sostituirla con il padiglione d'ingresso e una galleria indoor-outdoor. La trasformazione del cortile nel giardino delle sculture che sarà l'ambiente più emblematico del complesso compie l'opera. Quello che era terrain vague derelitto coperto da rifiuti e detriti vira in una creazione paesaggistica che si pone in continuità con il giardino della pace nel Palazzo UNESCO di Parigi o il Billy Rose Art Garden all'Israel Museum di Gerusalemme.
L'operazione echeggia vagamente l'assemblaggio del giardino di Derek Jarman per la trasformazione del deserto in giardino, per la linea zen che lega opere d'arte e ambiente e specialmente per la selezione accurata delle specie vegetali e l'incorporamento di objet trouvé dentro il disegno generale (così come negli spazi interni Noguchi mantiene acciaio a vista, travi di legno e soffitti metallici per non cancellare la storia pregressa dell'edificio). Qui finiscono le similitudini perché, a differenza del lavoro di Jarman in gran parte manuale e individuale, intriso di eroismo simbolico per il parallelo con la lotta all'AIDS terminale, la costruzione del giardino di Noguchi è un'opera collettiva e meccanica di operai con ruspe e bulldozer. Noguchi aveva appreso i principi formali e ideologici del giardino zen in uno dei suoi soggiorni giapponesi e li aveva ibridati - trasformandoli in altro, poiché il giardino zen si fonda su principi pressoché immutabili e refrattari a innovazioni - con le influenze contemporanee, riempendoli di cemento, mettendoci ponti arcuati che rimandano a Carlo Scarpa, arrivando nella sua ultima opera - il parco Moerenuma a Sapporo - a innestarvi le strutture a grandi tumuli delle civiltà archeologiche. Intensa è anche l'influenza europea, dall'amata Grecia che affiora nelle forme scultoree a un afflato di modernismo mediterraneo nelle linee che richiamano Mirò, Calder, Picasso e Gaudì (emblematica in merito la scultura "Lunar landscape").
Per ragioni pratiche evidenti di esposizione, le opere in pietra si concentrano all'esterno mentre le sale interne dispiegano la versatilità dello scultore sui materiali più disparati. Si tratta di ambientare le sculture in un'area che diventa opera unica. Le forme semplici e insieme perturbanti concretizzano le tesi di Noguchi secondo cui la scultura è "idea nello spazio concepita senza ostacoli" e il destino dell'arte la scomparsa, divenire tutt’uno con ciò che le sta attorno, in un insieme ordinato e significativo. Le opere di Noguchi sono sparse in tutto il mondo, di fronte o dentro le collezioni di musei e edifici celebri ma il museo newyorkese - con la sua estensione naturale nel giardino scultoreo più intimo e radicato al territorio nel villaggio di Mure, sull'isola di Shikoku in Giappone che chiude la simmetria tra occidente e oriente che è una delle direttrici della ricerca dell'artista - è pensato come un'installazione al tempo stesso riassuntiva e emblematica, complessiva e compiuta. È anche un intervento mirato che decide di modificare l'orizzonte di un angolo di Queens: la vista non si arresta più sullo skyline di Manhattan bensì tra le fronde di betulle.