Storie Rawsthorn e Antonelli: ci sarà sempre una design emergency Testo di Laura May Todd Aggiungi ai preferiti Talk "There will always be a design emergency", Salone del Mobile 2022, photo Ludovica Mangini La critica di design e autrice Alice Rawsthorn e la curator Paola Antonelli, protagoniste di uno dei talk del Salone del Mobile 2022, raccontano la loro esperienza con Design Emergency e cosa dobbiamo aspettarci dal futuro del design Nel 2020 la critica di design e autrice Alice Rawsthorn e la senior curator del dipartimento di architettura e design del MoMA Paola Antonelli hanno dato inizio a un progetto congiunto, “Design Emergency”. Di fronte agli albori della pandemia di Covid-19, erano affascinate dai diversi modi in cui tutti, designer e non, stavano reagendo alla crisi con idee del tutto originali. Così hanno iniziato a documentare queste soluzioni attraverso l’account Instagram Design Emergency. “I designer hanno subito risposto con generosità, coraggio e ingegno per produrre nuove soluzioni,” ha detto Rawsthorn nel suo talk con Antonelli, intitolato “There will always be a design emergency” e presentato nel palinsesto eventi del Salone del Mobile. “Mi sembrava che il momento potesse cambiare radicalmente le cose perché, se le persone avessero compreso l’impatto costruttivo e significativo che il design stava avendo in un momento di emergenza globale, in futuro avrebbero guardato a questa disciplina in modo molto diverso, cogliendo il suo valore come strumento sociale, politico ed ecologico anche di fronte ad altre grandi crisi.” Alice Rawsthorn Paola Antonelli Talk "There will always be a design emergency", Salone del Mobile 2022, photo Ludovica Mangini I primi protagonisti della serie di dirette su Instagram di Design Emergency sono state persone coinvolte in prima linea contro il Covid-19. Per esempio, il co-fondatore di MASS Design Group Michael Murphy, che lavora per riprogettare i sistemi sanitari nei Paesi più vulnerabili. O Marco Ranieri, il professore che ha trovato un modo ingegnoso per dividere un ventilatore perché potesse essere usato da due pazienti allo stesso tempo: un’invenzione davvero preziosa nel primo periodo della pandemia. Il progetto però è cresciuto e così anche il suo ambito di ricerca. “Ci sembrava che il nostro ruolo e la nostra responsabilità come ambasciatrici del design ci richiedesse di mettere in luce anche esempi di leader globali nel settore che stavano sperimentando soluzioni pratiche per risolvere i problemi profondi, complessi e interconnessi che le persone affrontano in tutto il mondo,” ha detto Rawsthorn. Dopo diverse settimane, il progetto si è esteso così a diverse questioni globali che affrontiamo oggi. “Abbiamo fatto un elenco di tutte le grandi sfide che abbiamo di fronte: l’emergenza climatica, la crisi dei rifugiati, la precarietà abitativa e il problema dei senzatetto, le crescenti disuguaglianze, l’inasprirsi dell’intolleranza e del bigottismo.” Ora il progetto si è trasformato in un libro, Design Emergency: Building a Better Future. Diviso in quattro sezioni – Tecnologia, Società, Comunicazione ed Ecologia – raccoglie 25 casi di studio che dimostrano come designer, architetti ed esperti nei campi più disparati stiano lavorando per creare un pianeta dove vivere meglio in futuro. Il libro presenta per esempio l’architetto Neri Oxman, che porta avanti la ricerca nel campo dell’ecologia e del computational design al MIT, l’architetto Xu Tiantian, che progetta spazi comunitari nella Cina rurale, la data visualization designer Federica Fragapane, e l’attivista e illustratore Mohammed Fayaz. Dopo la presentazione, Rawsthorn e Antonelli hanno dato la possibilità al pubblico di porre domande per approfondire come si è sviluppata la loro esperienza con Design Emergency e capire cosa dobbiamo aspettarci dal futuro del design. Talk "There will always be a design emergency", Salone del Mobile 2022, photo Ludovica Mangini Pensate che il design sia un atto rivoluzionario? AR: Può esserlo, assolutamente. Può catalizzare cambiamenti radicali su più livelli e a diversi ordini di grandezza. Un ottimo esempio è il lavoro di Forensic Architecture, il progetto fondato dall’architetto israeliano Eyal Weizman. Forensic Architecture ha inventato un filone di design e architettura completamente nuovo, usando come strumenti le metodologie delle due discipline. Per esempio, le nuove forme di intelligenza open source si sono dimostrate utili nell’identificazione dei crimini di guerra perpetrati dalla Russia in Ucraina. La gente che fa foto e video con il telefono, i registrati delle camere a circuito chiuso, le riprese fatte con i droni e così via permettono di monitorare situazioni pericolose, sovversive, difficili e anche tragiche. Forensic Architecture ha reinventato il design come strumento di giustizia per la riparazione sociale, per investigare quello che accade. Penso che questo sia un esempio fantastico di design rivoluzionario. Secondo voi le scuole di design dovrebbero introdurre corsi di “emergency design”? PA: Design Emergency ha sollevato un interesse enorme. Abbiamo tenuto entrambe tantissime lecture: gli studenti sono interessati all’argomento. All’inizio del progetto speravamo di mostrare, collettivamente, quanto le pratiche e i potenziali utilizzi del design possano essere diversi. Così, per esempio, se un adolescente è interessato a intraprendere una carriera nel campo del design potrà rendersi conto che ci sono molti modi diversi di farlo. In quest’epoca così difficile, cos’è che vi infonde speranza? AR: Devo dire che è il design stesso a darmi speranza. Per quanto la pandemia sia stata tragica e terribile per tutti, Design Emergency ha dato inizio a una collaborazione meravigliosa tra me e Paola. E poi ci sono i designer, gli architetti, gli ingegneri, i programmatori, gli illustratori e tutte le altre persone incredibili con le quali abbiamo parlato. Sono tutte così coraggiose, fantasiose, ricche di risorse e resilienti: non accettano mai la sconfitta, si inventano sempre una soluzione costruttiva. TALK: There will always be a design emergency